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Antonio Lo Campo: «Da Foggia alla passione per lo spazio: così mi hanno dedicato un asteroide»

 
Antonio Lo Campo

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Antonio Lo Campo: «Da Foggia alla passione per lo spazio: così mi hanno dedicato un asteroide»

Il «1988 FD3» intitolato all’esperto pugliese. Che si racconta

Venerdì 18 Agosto 2023, 06:28

La sua sigla è 1988FD3. È un asteroide, cioè uno di quei corpi rocciosi dalle dimensioni più svariate, che orbitano tra Marte e Giove. Probabilmente un pianeta che durante la formazione del nostro sistema solare, quindi circa 4,5 miliardi di anni fa, si è disgregato in una moltitudine di frammenti a causa di enormi perturbazioni gravitazionali.

Alcuni di questi frammenti sono di dimensioni ragguardevoli, ed è il motivo per cui alcuni di loro vengono definiti «pianetini». Ed è anche la ragione per cui il cinema del filone catastrofistico, più volte li ha resi protagonisti di distruzioni globali sulla Terra. In fondo un po’ di verità c’è, perché non tutti gli asteroidi vagano tra Marte e Giove, e alcuni sfuggono e se ne vanno a spasso nel sistema solare. Dove c’è anche la Terra… Possiamo stare (relativamente) tranquilli, le probabilità di un impatto con un asteroide gigante sono molto, molto basse. Statisticamente capita una volta ogni qualche milione di anni; e infatti quello che ha cancellato i dinosauri dalla Terra risale a 65 milioni di anni fa.

Ma le probabilità non sono zero, e comunque sono prevedibili con un certo anticipo. E la recente sonda spaziale «Dart» ci ha dimostrato che siamo in grado di far fronte all’emergenza. Come abbiamo visto in tempi recenti, basta volerlo e investire sulla scienza.

Mi ha fatto quindi un certo effetto, oltre all’emozione per aver ricevuto un così importante riconoscimento, sapere che quello catalogato 1988FD3, è stato poi ribattezzato «Antonio Lo Campo». Perché è un gran bel pianetino, avendo un ampiezza, di forma irregolare, di quasi 3,5 chilometri!

Insomma, spero che stia sempre lì, «Antonio Lo Campo 1988», a fare il suo dovere tra Marte e Giove… Dovesse impattare un altro pianeta infatti, mi sentirei un pochino in colpa!

Ironia a parte, ora il pianetino, dalla fredda sigla con cui è stato catalogato, porta il meno freddo cognome di origine pugliese che mi onoro di portare, pur essendo nato e avendo sempre vissuto nella ormai sempre meno sabauda Torino.

Così come mi onoro di aver ricevuto questo stupendo riconoscimento dalla prestigiosa Unione Astronomica Internazionale (IAU), che oltre a catalogare e a confermare la scoperta di tutti i corpi celesti, assegna ad un asteroide il nome di una persona. Il nome viene proposto da un astronomo scopritore. Nel mio caso, da Walter Ferreri, astrofisico e divulgatore torinese di origini sarde dell’Osservatorio di Torino dell’Inaf, tra i massimi esperti in Italia di strumentazione astronomica: memorabili le sue dirette con giaccone e berretto da colline e terrazzi con temperature sotto zero, durante alcuni speciali di Piero Angela.

L’International Astronomical Union, fondata nel 1919, assegna ad un asteroide il nome di un personaggio che si è fatto notare soprattutto nel settore della ricerca e della divulgazione dello spazio, oppure della scienza e della cultura in generale. Unisce le società astronomiche e gli astrofisici di tutto il mondo, ed è membro dell’«International Council for Science», l’autorità riconosciuta per assegnare i nomi a stelle, pianeti, asteroidi e altri corpi celesti, e la sede centrale è a Parigi. Ma naturalmente si occupa di tutti i settori dell’astronomia per la nomenclatura e catalogazione di tutti i corpi celesti scoperti, valutandone con attenzione la loro natura. L’asteroide «Lo Campo 1988 FD3», assegnato in luglio, è stato scoperto per l’appunto nel 1988 da Ferreri, durante una delle sue sessioni di ricerca e osservazioni presso l’Osservatorio di La Silla, gestito dall’Osservatorio Europeo Australe, nel sud del deserto di Atacama, in Cile, situato a 2,500 metri d’altezza, considerato tra i migliori al mondo e con gli strumenti più sofisticati mai realizzati per osservazioni del cosmo con osservatori terrestri.

Quello dell’assegnazione di un pianetino, al momento non ancora fotografabile (ma mi dicono Ferreri e un altro astronomo, Gianluca Masi, che prima o poi dovrebbe apparire), se vogliamo è anche un po’ un premio alla carriera. Ma non a fine carriera: lo si può assegnare infatti a chi ha contribuito già da un po’ di tempo a valorizzare la cultura dello spazio, tra astronomia e astronautica. Non bastano certo un solo libro o pochi articoli per ottenerlo. Me l’hanno assegnato a 57 anni, e non mi lamento: tra i giornalisti più noti di scienza e divulgazione spaziale, Piero Bianucci lo ha ottenuto a 47 anni, però Piero Angela a 66, e Tito Stagno addirittura a 89. Giusto per fare i nomi di vere e proprie icone popolari della divulgazione scientifica.

E questo mi fa pensare anche al fatto che un po’ di anni sono trascorsi dai miei inizi: basti pensare al mio primo articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno, datato ottobre 1993, concordato con l’allora caporedattore Cultura, Lino Patruno, che da lì a poco sarebbe diventato direttore. Era su una missione dello Space Shuttle, e andò nella pagina scientifica del lunedì.

È quindi questo è un riconoscimento che vorrei condividere anche con tutti coloro delle testate con cui ho collaborato e con cui collaboro, compresi gli ottimi giornalisti, caporedattori e redattori della Gazzetta, dalla Redazione Cultura agli Esteri, dalle cronache alla Gazzetta online, avviata più di vent’anni fa da Ignazio Lippolis.

E poi l’orgoglio di avere portato un po’ di Foggia e quindi di Puglia, nello spazio, a circa 900 milioni di chilometri dalla Terra. Questa è infatti pressappoco la distanza, stimata dalla Terra, di «1988Fd3 Antonio Lo Campo».

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