FOGGIA - Quando fu rubata la «Fiat Panda» della ditta, il geometra dell’impresa edile chiese al responsabile della vigilanza nel cantiere di aiutarlo a ritrovare l’utilitaria, il che avvenne nell’arco di 48 ore e dietro pagamento di un pizzo di 700 euro da lui materialmente versati nelle mani dell’intermediario dopo averli ricevuti dal titolare della società; non conosce gli altri tre imputati. È quanto ha detto in aula l’unico testimone da interrogare nel processo abbreviato ai quattro foggiani accusati di concorso in ricettazione d’auto ed estorsione per la restituzione dell’utilitaria rubata in città il 2 aprile 2022 e ritrovata dopo 48 ore.
In attesa di giudizio davanti alla sezione collegiale del Tribunale ci sono Giovanni Antonio Russo, 47 anni, responsabile di fatto dell’istituto «Security» che si occupa della vigilanza nel cantiere edile; il coetaneo Antonio Lanza; Pompeo Piserchia, 41 anni; e il trentenne Giuseppe Bruno, a piede libero in questo processo ma ricercato dal 22 aprile quando evase dai domiciliari concessi in una comunità per altri due processi per armi, possesso di piante di canapa e di materiale esplodente.
I quattro foggiani si dicono innocenti: furono arrestati il 30 dicembre scorso dai carabinieri e posti ai domiciliari su ordinanze del giudice delle indagini preliminari; il processo si celebra con rito abbreviato condizionato all’interrogatorio del geometra della ditta che aveva la disponibilità della «Fiat Panda». La richiesta difensiva di giudizio abbreviato condizionato fu rigettata il 13 aprile dal gup che rinviò a giudizio i 4 foggiani; fu reiterata e accolta lo scorso 25 maggio dal collegio giudicante. Dopo l’interrogatorio del derubato, i giudici hanno rinviato il processo al 14 settembre per requisitoria del pm e prime arringhe difensive.
Strategie difensive diverse - L’avvocato Carlo Alberto Mari sostiene che Russo si attivò esclusivamente nell’interesse del derubato per ritrovare l’auto facendo calare il pezzo e agendo da mediatore con gli estorsori rimasti ignoti: e quando l’intermediario si muove per aiutare il ricattato dev’essere assolto. E che Russo non ebbe alcun tornaconto dall’estorsione, è dimostrato - aggiunge il legale - dal fatto che quando la stessa auto fu rubata nuovamente, l’imputato pagò di tasca propria gli ignoti estorsori per farla ritrovare la seconda volta; per l’accusa invece Russo aveva un interesse nella trattativa, conservare la vigilanza nel cantiere edile.
Gli avvocati Tommaso Frisani per Piserchia; Paolo Ferragonio per Lanza e che difende anche Bruno insieme al collega Claudio Caira, sosterranno invece che i tre imputati non ebbero alcun ruolo nella vicenda: quando Russo li contattò per ritrovare la «Fiat Panda», risposero che si sarebbero attivati ma lo dissero pro forma ma di fatto non ebbero alcun ruolo.
L’estorsione fu scoperta casualmente dai Carabinieri nell’ambito di un’altra inchiesta per la quale erano state disposte intercettazioni; gli investigatori registrarono i colloqui tra Russo e il geometra della ditta, e tra Russo e alcuni coimputati, seguendo così la trattativa di cui ha parlato in aula il dipendente dell’impresa edile.
Ha detto che dopo il furto della «Panda» si rivolse a Russo che tramite la «Security» (di cui è titolare un parente dell’imputato) si occupa della vigilanza nel cantiere. Inizialmente furono richiesti 1500 euro per la restituzione, il titolare dell’azienda disse che poteva sborsarne 700, soldi che il geometra consegnò a Russo presentatosi insieme a una seconda persona rimasta in macchina e senza interloquire: l’accusa ipotizza che fosse Lanza, il geometra ha detto di non riconoscerlo (e comunque la mera e presunta presenza di Lanza non significa che fosse coinvolto nell’estorsione, sosterrà il difensore).
Quanto a Piserchia e Bruno, il geometra ha escluso di conoscerli e di averli sentiti nominare.