FOGGIA - Ammesso il processo abbreviato per i tre foggiani accusati di tentata estorsione aggravata dalla mafiosità, danneggiamento, porto illegale di pistola e spari in luogo pubblico perché avrebbero cercato di imporre un pizzo di 2500 euro a un imprenditore del settore auto, contro il cui box di casa furono esplose pistolettate lo scorso 16 febbraio.
La difesa ha optato per l’abbreviato che prevede la riduzione di un terzo della pena, visto che l’accusa poggia su intercettazioni essenzialmente (vedi articolo a parte ndr). Sarà il giudice per le udienze preliminari di Bari Vincenzo Ferraro, al quale il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Bari, Bruna Manganelli chiedeva il rinvio a giudizio degli imputati, a pronunciare la sentenza di primo grado nei confronti di Fabio Bernardo, 31 anni; Andrea Carella, 26 anni; e Giuseppe Perdonò, 34 anni.
Furono fermati dalla squadra mobile lo scorso 22 marzo su decreto della Direzione distrettuale antimafia; Bernardo e Perdonò sono in carcere, Carella è ai domiciliari. Nella prossima udienza a marzo requisitoria del pm; e arringhe degli avv. Paolo Ferragonio, Cecilia D’Alessandro, Ettore Censano e Giuseppe Perrone. La vittima non si è costituita parte civile.
I tre imputati respingono le accuse; la Direzione distrettuale antimafia parla di «loro contiguità a Rocco Moretti junior», nipote di Rocco senior e figlio di Pasquale che sono ai vertici del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, una delle tre batterie della Società foggiana. A Moretti junior, non imputato in questa vicenda, inflitti lo scorso 18 ottobre 10 anni per mafia nel processo di primo grado «Decima bis». A Bernardo, Carella e Perdonò viene contestata l’aggravante della mafiosità per aver agito per agevolare la Società e perché le modalità del tentativo di ricatto erano tali «da evocare nella vittima la presumibile esistenza di consorterie e sodalizi criminali capaci di realizzare forme di assoggettamento e controllo del territorio e delle attività di impresa».
Indagando su altre estorsioni, squadra mobile di Foggia e Direzione distrettuale antimafia scoprirono a gennaio il ricatto in corso all’imprenditore e l’avvertimento subìto. La vittima riferì ai poliziotti d’aver sentito la sera del 16 febbraio alcuni colpi e d’aver pensato a petardi, dopo aver verificato che sulla facciata del suo palazzo non c’erano fori; poi il 19 febbraio nel rincasare dopo l’interrogatorio in Questura notò la serranda del box sforacchiata e informò la squadra mobile che trovò 2 bossoli e 3 ogive calibro 7.65.
Il 21 febbraio l’imprenditore parlò agli agenti della richiesta di pizzo. «A gennaio Bernardo che conosco perché abita vicino a me, venne a casa mia, dicendo che Giuseppe “scarafone”» (soprannome di Perdonò) «mi voleva parlare in videochiamata. Rifiutai, gli riferii di farsi dire cosa volesse “scarafone”. Bernardo tornò pochi minuti dopo e mi mostrò un biglietto con scritto 2500 euro, dicendomi che “scarafone” voleva quella cifra. Replicai di non avere soldi da dare a nessuno e di non voler incontrare nessuno. Qualche giorno dopo Bernardo mi avvicinò insieme a Carella: quest’ultimo mi informò che al telefono in videochiamata c’era Rocco Moretti, figlio di Pasquale, che voleva parlarmi. Risposi di non conoscerlo e di non volerci parlare; in vivavoce sentii la persona da loro chiamata Rocco Moretti che mi diceva che dovevo cacciare i soldi. Anche Bernardo e Carella ribadirono che dovevo cacciare i soldi; risposi di non avere soldi da dare a nessuno; i due si allontanarono, dicendomi che dovevo aspettarmi dei dispetti; solo in questa circostanza sono stato minacciato di ritorsioni. Successivamente mi telefonò un uomo che si presentò come Giuseppe chiedendomi di aggiustare la situazione e di andare a trovarlo a casa. Risposi per perdere tempo che sarei andato, ma non l’ho fatto, e non ho mai pagato il pizzo. Ho timore per la mia incolumità e per quella dei miei familiari».