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Manfredonia, «Una gerarchia nel clan Romito per controllare gli affari di mafia»

Manfredonia, «Una gerarchia nel clan Romito per controllare gli affari di mafia»

 
Redazione Foggia

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Manfredonia, «Una gerarchia nel clan Romito per controllare gli affari di mafia»

L'accusa della Dda al processo Omnia Nostra: «Articolazioni da Manfredonia a Vieste»

Domenica 27 Novembre 2022, 12:47

MANFREDONIA «Il clan Romito-Lombardi-Ricucci è dotato di una struttura gerarchica; ha articolazioni che operano a Manfredonia, nella vicina frazione di Macchia, a Mattinata e Vieste. L’obiettivo è controllare il territorio dal punto di vista economico e militare con un sistematico ricorso a violenze e intimidazioni. Attraverso omicidi, estorsioni, traffici di droga, furti, rapine, riciclaggio e truffe nel settore agricolo ai danni dell’Inps vuole acquisire la gestione o comunque il controllo in via monopolistica di rilevanti attività economiche, finanziate con i proventi illeciti». E’ l’atto di accusa dei Pm della Dda Ettore Cardinali e Luciana Silvestris nel processo “Omnia nostra” a 45 imputati, ora diviso in tre tronconi: 19 saranno giudicati dal gup di Bari dal 25 gennaio; 2 dalla corte d’assise di Foggia dal 3 febbraio; 24 dalla sezione collegiale del Tribunale dauno dal 26 gennaio. Sono 57 le imputazioni contestate a vario titolo.

Quella di mafia quali presunti affiliati al gruppo Romito-Lombardi-Ricucci e al clan alleato Raduano coinvolti nella guerra con i rivali Libergolis, viene contestata a 26 persone. Al vertice viene posto Matteo Lombardi, 52 anni, manfredoniano detto “u carpinese”, commerciante d’auto, detenuto dal 17 aprile 2019 e condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Giuseppe Silvestri ritenuto vicino ai Libergolis, assassinato a Monte Sant’Angelo il 21 marzo 2017. Lombardi in Omnia nostra risponde di autoriciclaggio; d’essere uno dei mandanti del tentato omicidio di Giovanni Caterino, sfuggito alla morte il 18 febbraio 2018 a Manfredonia in quella che doveva essere la vendetta del gruppo per l’omicidio di Mario Luciano Romito; e di mafia quale capo del clan «con funzioni di comando assoluto ed esercizio della potestà direttiva». Ruolo che avrebbe condiviso – dice l’accusa – con Mario Luciano Romito, ucciso nel quadruplice omicidio del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis; e con Pasquale Ricucci assassinato a Macchia l’11 novembre 2019, delitti legati alla guerra con i Libergolis.

Subito sotto Lombardi nell’organigramma del clan, la Dda pone Pietro La Torre, quarantenne di Manfredonia, imputato di essere uno dei mandanti dell’agguato a Caterino, droga, favoreggiamento, armi, estorsioni, incendio, intralcio alla giustizia, furto, violenza privata e mafia «con funzioni di raccordo tra i vertici dell’organizzazione e le diverse articolazioni territorio». Sebastiano Gibilisco, Luigi Bottalico, Lorenzo Caterino, Antonio La Selva (pentito), Pasquale Lebiu, Michele Lombardi e Bruno Renzulli si sarebbero occupati «del percorso di infiltrazione mafiosa del clan nel settore economico-imprenditoriale». A Michele e Leonardo D’Ercole il clan avrebbe assegnato il compito di controllare «la frazione di Macchia, storica roccaforte del sodalizio». Giuseppe Pio Impagnatiello, Pietro Rignanese, Mario Scarabino, Antonio Zino e Catello Lista avrebbero avuto il controllo della zona di Manfredonia; a Mattinata questo compito sarebbe stato assegnato a Leonardo Ciuffreda, Francesco Notarangelo, Francesco Scirpoli e ai fratelli pentiti Andrea e Antonio Quitadamo, e con loro Pio Francesco Gentile parente dei Romito assassinato in paese il 21 marzo 2019, altro caduto nella guerra con i Libergolis. C’è poi il gruppo viestano capeggiato da Marco Raduano, imputato degli omicidi Silvestri e di Omar Trotta (assassinato nel suo ristorante a Vieste il 27 luglio 2017 nell’ambito della guerra locale tra la batteria Raduano e i rivali Perna-Iannoli che dal 2015 a oggi ha contato 11 morti, 1 lupara bianca, 6 feriti/illesi); del tentato omicidio Caterino; e di mafia quale capo dell’omonimo clan. Raduano avrebbe esercitato il controllo del territorio a Vieste anche attraverso Danilo Pietro Della Malva, Giovanni Surano (pentiti), Giuseppe Della Malva e Hechmi Hdiouech, ritenuti “partecipi dell’associazione mafiosa”.

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