FOGGIA - «Non vi era scampo per la vittima al cospetto dell’ingegnere Fernando Biagini: o pagavi o ti distruggeva. Se non pagavi non respiravi; non vi era scelta per chi entrava in contatto con quel pubblico ufficiale: sottostare alle sue richieste o venire distrutto dall’esercizio abusivo dei suoi poteri. E questo rappresenta una emblematica forma di concussione, davanti alla quale non c’era scelta per l’interlocutore: accettare e soccombere oppure le legittime pretese rimanevano frustrate. Biagini era avido di denaro».
Lo scrive la Corte d’Appello di Bari in un passaggio delle motivazioni della sentenza del 4 marzo scorso con cui ha condannato a 5 anni l’ex dirigente comunale Biagini per concussione da 80mila euro al costruttore Lello Zammarano (cui si riferisce quel passaggio) e di 10mila euro al costruttore Marco Insalata, ritenendo invece che per gli imprenditori edili Saverino Normanno e Vincenzo Rana (pagarono 16mila euro) si tratti di induzione indebita a dare o promettere utilità e non di concussione. Quattro anni e 8 mesi la pena inflitta per gli stessi episodi all’ex consigliere comunale Massimo Laccetti con cui Biagini avrebbe spartito i 106 mila euro di presunte tangenti riscossi dai 4 imprenditori tra fine 2010 e 2014; 3 anni infine la pena per l’imprenditore Adriano Bruno per concorso in concussione e tentata concussione a Zammarano, ribaltando quindi la condanna di primo grado a 1 anno (pena sospesa) con derubricazione del reato in favoreggiamento. La vicenda sbarcherà in Cassazione, perché i difensori (gli avvocati Michele Vaira per Biagini; Michele Curtotti e Michela Scopece per Laccetti, Umberto Forcelli per Bruno) hanno presentato ricorso.
«Innanzitutto vi è da rilevare che Biagini ha ammesso di aver preso i soldi dall’imprenditore Zammarano» scrivono i giudici, richiamandosi alle intercettazioni in cui l’ex dirigente del servizio lavori pubblici del Comune parlando con l’amico Laccetti faceva riferimento al denaro ricevuto: «questi 10 sono stati una lezione, eeeeeh vuoi respirare e mi devi dare 10. I 10 di ieri» (riferiti a una tranche degli 80mila euro oggetto di contestazione) «mi hanno fatto godere più dei 100 dell’altra volta».
L’accusa sostiene che Zammarano, costituitosi parte civile e grande accusatore dell’inchiesta, fu costretto a pagare 80mila euro per non vedere saltare l’affitto al Comune per 800mila euro all’anno di un suo palazzo in piazza Padre Pio, con Biagini delegato dell’ente alla stipula dell’atto.
La difesa di Biagini ribatte che quei soldi erano il pagamento di una vecchia consulenza e che comunque non si tratterebbe di concussione ma del meno grave reato di corruzione. Tesi quest’ultima «che non trova fondamento anche perché l’assunto difensivo - dicono i giudici - non si confronta con il chiaro contenuto delle intercettazioni che dimostrano inequivocabilmente l’asprezza coercitiva incontrastabile di Laccetti in combutta con Laccetti ai danni di Zammarano. Laccetti nelle dichiarazioni spontanee rese in questo processo nell’udienza dell’8 ottobre 2021 ha inteso presentarsi come una vittima del potente e violento Zammarano». I giudici replicano che fu l’imputato «a decidere la forma del contratto» di fitto del palazzo; «è lui che comanda, che minaccia».
Laccetti è ritenuto «il sodale di Biagini che partecipa con lui sin dal primo momento alla concussione pienamente consapevole della pretesa costrittiva di Biagini, promuovendola, assecondandola e operando materialmente per la riuscita dell’operazione e del versamento della somma pagata da Zammarano di cui incamera una parte»
Quanto a Bruno la Corte ha condiviso l’appello della Procura di Foggia, quindi respinto la richiesta del pg di assoluzione e condannato l’imprenditore per concorso in concussione: «c’è la sua piena consapevolezza della condotta estorsiva di Biagini e Laccetti, rispetto alla quale si è prestato come intermediario tra concussori e concusso». Perché Bruno si sarebbe prestato al ricatto se non ha intascato un solo euro della presunta tangente di 80mila euro? Perché, a dire dei giudici d’Appello, «non può perdere i favori di Biagini per il tramite di Laccetti».