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Foggia, pagò il pizzo per 8 anni: la Dda chiede sei condanne

 
Redazione online

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Foggia, pagò il pizzo per 8 anni: la Dda chiede sei condanne

In 5 accusati di aver taglieggiato per anni un imprenditore

Venerdì 04 Ottobre 2019, 10:04

FOGGIA - Il pm della Dda Lidia Giorgio ha chiesto 6 condanne per complessivi 35 anni e 8 mesi di reclusione, con pena oscillanti da 2 a 8 anni, nel processo «Rodolfo» a 6 foggiani - tra cui esponenti di primo piano di due batterie della «Società foggiana» - accusati a vario titolo di estorsione e violazione delle norme in materia di misura di prevenzione patrimoniale aggravate dalla mafiosità. Secondo la ricostruzione dell’accusa basata essenzialmente su intercettazioni che interessarono la parte offesa, l’imprenditore Franco Curcelli titolare di aziende che operano nel settore agro-alimentare e vittima principale del taglieggio, dal 2008 al 2015 avrebbe pagato il pizzo sotto varie forme a esponenti sia del clan Sinesi/Francavilla sia dei rivali del gruppo Moretti/Pellegrino/Lanza, versando tangenti mensili tra i mille e i tremila euro; oppure assumendo personale che al lavoro non ci andava continuando a percepire lo stipendio; ed anche «contribuendo» in una occasione alle spese legali di un detenuto.

L’inchiesta «Rodolfo» - il blitz di squadra mobile e Guardia di Finanza è del 4 aprile 2016 con 10 arresti in esecuzione di ordinanza cautelari in carcere ed ai domiciliari firmate dal gip di Bari - conta 12 imputati e si è sdoppiata: 6 scelsero il giudizio abbreviato e dopo i primi due gradi di giudizio ci sono state altrettante condanne, 3 delle quali diventate definitive nei mesi scorsi; per altri 6 imputati è in corso dall’aprile 2017 il processo di primo grado con rito ordinario davanti al Tribunale di Foggia che è ormai in dirittura d’arrivo.

Il pm Lidia Giorgio al termine della requisitoria (ha depositato anche una corposa memoria di oltre 500 pagine) ha chiesto la condanna dei 6 imputati e il riconoscimento dell’aggravante della mafiosità per i metodi usati e per aver agito per agevolare clan della «Società foggiana», la mafia cittadina. La pena pù alta, 8 anni di carcere, è stata chiesta per Antonello Francavilla, 42 anni, detenuto in carcere anche per questa vicenda, al vertice dell’omonimo clan federato col gruppo Sinesi, accusato di concorso in due estorsioni. Quattro anni e 8 mesi la richiesta di condanna per la sorella Leonarda (Dina) Francavilla , 37 anni, a piede libero, imputata di concorso in 1 estorsione; 7 anni invocati poi per Mario Lanza , 37 anni, detenuto ai domiciliari, marito della Francavilla e suo coimputato. Sette anni di reclusione a testa il pm li ha chiesti anche per Vito Bruno Lanza, 66 anni, foggiano, detto «u’ lepre», solo omonimo di Mario, al vertice del clan rivale Moretti/Pellegrino/Lanza, ai domiciliari per il processo «Rodolfo» ma detenuto in carcere nell’inchiesta «Decima azione» contro la mafia del pizzo, imputato di 1 estorsione; e per il figlio Leonardo Lanza , 39 anni, foggiano, a piede libero per questa vicenda ma detenuto per «Decima azione», imputato di un’estorsione. Infine il pm ha chiesto la condanna a 2 anni di Marco Matteo Piserchia , 44 anni, a piede libero, estraneo al filone estorsivo dell’inchiesta: risponde di concorso con Emiliano Francavilla (fratello di Antonello e condannato in via definitiva a 5 anni e 6 mesi nel processo abbreviato per 3 estorsioni) di aver eluso le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale, facendo da prestanome quale titolare di un terreno in zona Celone dove Emiliano Francavilla si stava facendo costruire un villino, secondo l’accusa.

Il pubblico ministero ha infine chiesto ai giudici del Tribunale dauno la trasmissione dei verbali di interrogatorio resi in aula da 4 testimoni citati dalla difesa per valutare se procedere contro di loro per falsa testimonianza, in quanto tre - tra cui il secondo imprenditore ritenuto vittima di estorsione - rifiutarono di rispondere alle domande di difesa e pm; e il quarto - un coimputato condannato in via definitiva nel processo gemello - avrebbe reso dichiarazioni false.

Dopo la requisitoria del pm, il processo è proseguito con le prime arringhe difensive che proseguiranno anche nella prossima udienza: gli avvocati Paola Tortorella, Antonello Genua (per i Lanza padre e figlio); Cecilia D’Alessandro e Francesco Santangelo (per Leonado Lanza); Ettore Censano (per i coniugi Mario Lanza-Dina Francavilla); Rosario Marino (per Antonello Francavilla); e Carlo Mari (per Piserchia) hanno chiesto e chiederanno assoluzioni e in subordine l’esclusione dell’aggravante della mafia.

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