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Migranti e politica: assurdo che siano i giudici a decidere se un paese è sicuro o no

Migranti e politica: assurdo che siano i giudici a decidere se un paese è sicuro o no

 
Bruno Vespa

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Bruno Vespa

barcone di migranti

Sono dunque i magistrati a dover valutare profili, confini e rischi della politica internazionale. Così la sconcertante decisione della Corte europea

Sabato 02 Agosto 2025, 12:00

Sono dunque i magistrati a dover valutare profili, confini e rischi della politica internazionale. La sconcertante decisione della Corte europea stabilisce infatti che la designazione di Paesi «sicuri» deve essere valutata dai giudici. «La designazione di uno Stato sicuro – dice la Corte del Lussemburgo – può essere effettuata mediante un atto legislativo, a condizione che quest’ultimo possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale».

Traduzione: non vale che il Parlamento italiano abbia definito «sicuri» stati come Egitto e Bangladesh. Un giudice può stabilire – come finora ha stabilito – che questo non è vero. È una autentica inversione dei poteri. Quello giudiziario sovrasta il legislativo e l’esecutivo. Si darà atto che le istituzioni che si occupano di politica estera hanno ovviamente poteri d’indagine e di accertamento infinitamente superiori a quelli di qualunque magistrato. Ma il parere e la volontà del giudice prevalgono su qualunque istruttoria istituzionale.

Il dettaglio più inquietante è un altro: «Lo Stato membro dell’Unione non può includere un Paese nell’elenco dei Paesi di origine sicura qualora esso non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione». Buonsenso vorrebbe che una persona eterosessuale possa essere rispedita in un Paese che perseguita i gay e che un musulmano possa rientrare in una nazione che non ama i cristiani. E invece no. Il fatto che perseguiti gli omosessuali e i cristiani lo rende insicuro anche per una persona estranea a queste due categorie.

Questo smentisce un deliberato della Cassazione che affidava al governo la decisione se un Paese fosse effettivamente sicuro, «sia pure in presenza di condizioni soggettive». Cioè secondo gli esempi che abbiamo fatto più sopra. Ma la Corre del Lussemburgo va oltre. Nel 2024 è stato il Parlamento italiano a indicare quali fossero i Paesi sicuri. I giudici italiani hanno obiettato che non erano chiare le fonti si cui il legislatore aveva fondato la propria decisione e la Corte del Lussemburgo gli ha dato ragione. Il giudice, dunque, non dovrebbe applicare la legge, ma sindacare le modalità con cui la legge è stata fatta.

Tra dieci mesi entrerà finalmente in funzione il patto europeo che dovrebbe fare chiarezza su tutto. E fino ad allora si può giurare che qualunque tentativo di dirottare nei centri albanesi immigrati giudicati pericolosi sarà impugnato dai magistrati italiani. Perché se è vero che la decisione della Corte del Lussemburgo vale per tutti i Paesi dell’Unione europea, è anche vero che i soli giudici che si mettono di traverso sui rimpatri sono i nostri.

La Germania, infatti, fin dall’agosto 2024 ha potuto rimpatriare migranti provenienti dall’Afghanistan, che notoriamente è un paese arcisicuro. Colpisce che mentre governi socialisti come quello britannico e quello tedesco prima della vittoria di Merz fossero interessati a imitare le soluzioni italiane, la sinistra italiana gridi vittoria. Da un lato, le decisioni dei giudici italiani daranno un forte sostegno alla separazione delle carriere, dall’altro è difficile immaginare che porti consenso politico moltiplicare il numero di migranti senza arte né parte e spesso con pesanti precedenti penali che se ne vadano indisturbati a spasso per l’Italia.

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