Anarchia nella spesa pubblica, peraltro di centinaia di milioni di euro. A deciderlo è stato in questi il ministero della difesa. Per comprare le armi e acquisire servizi affini nessun controllo preventivo della Corte dei Conti. Ma anche della Ragioneria generale dello Stato. Non solo. Deroga alla disciplina degli appalti per le spese militari, sia logistiche che infrastrutturali. Ciò perché riconosciute inderogabili, urgenti e funzionali alla sicurezza nazionale.
Questo dovrà essere consacrato però in un verosimile responso di una commissione composta da magistrati contabili nominati dal ministro Crosetto, con criteri e nominativi top secret.
Insomma, al riguardo l’approvvigionamento è da farsi velocemente e senza intoppo alcuno perché la situazione geopolitica lo esige, l’interesse nazionale ed europeo lo esige. Non lo esige tuttavia la trasparenza e le regole che fondano lo Stato di diritto.
L’emotività fa fare brutti scherzi e porta ad eccedere ben oltre il confine della decenza. A ciò si perviene attraverso il coraggio di una verità variabile, tanto da pervenire a giudizi di eccellenza giuridica ma nell’anonimato dei referenti, giustificativo del dire qualsiasi cosa facendola passare per pseudo parrèsia.
Una logica non affatto condivisibile, prescindendo dai giudizi di merito sull’armamento fino ai denti, che invero spaccano la Nazione in due.
Effettuare acquisti di armi belliche o stipulare contratti sensibili, a giudizio di una commissione pubblicamente impersonale, costituita segretamente dal ministro della difesa e decisa a sua totale discrezione è negazione assoluta dello Stato di diritto.
Per non parlare della garanzia pretesa di perfezionare una procedura protetta e ultraveloce. Una norma ancora ipotetica, quella messa a punto dal ministero affidata a Guido Crosetto in accordo con la Premier, che ha il solo scopo espresso di pervenire al conseguimento del 5% in armamenti e quello recondito apparentemente incomprensibile, se non demolitorio dei controlli.
E ancora. Dimostrativo di esserlo a tal punto da abolire gli organi ad esso destinati dalla Costituzione, cominciando dalla Corte dei conti, indebolita a tal punto da prestarsi a un siffatto genere di procedure.
L’intenzione legislativa sarà oggetto di due opzioni alternative di messa a terra in Parlamento: fare una apposito decreto-legge, facendo passare per straordinaria l’esigenza Nato, ovvero tradurre la scelta in emendamento al decreto legge «Infrastrutture», da convertire entro il 21 luglio prossimo.
Un provvedimento, questo, che al di là del pentimento sugli aumenti del pedaggio autostradale, fa passare «impunemente» il Ponte dello Stretti di Messina come opera strategica nazionale e, finanche, come manufatto utile alle esigenze difensive della Nato.