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La ricostruzione di Odessa omaggio all’italianità in un momento di svolta

 
Bruno Vespa

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Bruno Vespa

La ricostruzione di Odessa omaggio all’italianità in un momento di svolta

Il summit di Roma avviene in un momento di svolta. È probabile che le promesse agli Stati Uniti su una nuova strada per la tregua siano uno dei tanti modi con cui Putin vuole guadagnare tempo

Sabato 12 Luglio 2025, 12:00

Il bacio di Giuda in «La cattura di Cristo» di Caravaggio - custodito nel museo di Odessa e ora nascosto da qualche parte - fa tornare a mente il patto di Budapest del ‘94 in cui – con la benedizione di Bill Clinton – il presidente russo Boris Eltsin e quello ucraino Leonid Kravchuk stabilirono la restituzione alla Russia di 1900 testate nucleari presenti in Ucraina (terza potenza atomica del mondo) in cambio della protezione russa dei confini ucraini.

Putin ha trasformato quell’accordo nel bacio di Giuda invadendo la Crimea nel 2014 nell’indifferenza generale e l’Ucraina nel 2022. Quello del ‘94 era un patto politico con scarsa consistenza pratica perché rimandava all’Onu il giudizio su eventuali violazioni. E si sa bene quanto conti l’Onu nel cui Consiglio di sicurezza la Russia, come tutti gli altri membri, ha il diritto di veto.

Il Caravaggio di Odessa è forse una copia dell’originale custodito a Dublino, ma è uno dei simboli dell’italianità di questa splendida città che ebbe dalla fondazione (1794) e per quarant’anni nell’architetto Francesco Boffo l’ispiratore del neoclassico italiano che caratterizza i monumenti più importanti. Gli italiani arrivarono a costituire un decimo dell’intera popolazione iniziale di Odessa fino a ridursi e a scomparire nel 1917 quando l’Armata rossa schiacciò quel che rimaneva dell’autonomia ucraina (peraltro già schiacciata dagli zar).

Quando andai a Odessa un anno dopo l’inizio della guerra, mi fu detto che i francesi si erano candidati alla ricostruzione. È perciò una festa sapere che nel summit dell’altro ieri alla «Nuvola» di Roma Giorgia Meloni abbia annunciato che saremo noi ad occuparcene, oltre a intervenire in altri settori chiave del paese.

Il summit di Roma avviene in un momento di svolta. È probabile che le promesse agli Stati Uniti su una nuova strada per la tregua siano uno dei tanti modi con cui Putin vuole guadagnare tempo. I suoi furiosi bombardamenti su ogni angolo dell’Ucraina (i più devastanti di sempre) sono una corsa per raggiungere presto e a qualunque costo una posizione di vantaggio.

L’«Economist» ha calcolato che ai ritmi attuali gli occorrerebbero non meno di quattro anni per conquistare completamente le quattro regioni sulle quali da tempo rivendica il controllo e addirittura 89 per avere l’intera Ucraina. I suoi soldati, magnificamente retribuiti, sono carne da macello: gli ottimisti dicono che i russi uccisi sono 190mila, i pessimisti parlano di 350mila, mentre una fonte accreditata calcola in venti miliardi di euro i soldi spesi dalla Russia nel solo primo semestre di quest’anno per i salari ai militari combattenti e i risarcimenti ai feriti e ai parenti dei caduti.

Se Trump, come gli europei, darà le armi richieste da Zelensky e soprattutto picchierà duro con le sanzioni, Putin dovrà davvero venire a patti.

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