Se ci fermiamo ad analizzare con maggiore attenzione il quadro complesso delle guerre che ancora oggi infiammano diverse parti del mondo, appare evidente un dato inquietante: la tecnologia è diventata sempre più protagonista nell’azione bellica, spesso a scapito della coscienza e della ridotta, necessità bellica, della sensibilità umana.
Come da più parti ricordato ormai non si usa più la frase storica «la dichiarazione di guerra è stata consegnata»... alle varie ambasciate. Tutto inizia con un click e diventa subito tragico spettacolo di drammatica realtà. Droni, armi intelligenti, sistemi di sorveglianza automatizzati: tutto questo mostra come, progressivamente, l’anima e lo spirito dell’uomo tendano a retrocedere di fronte alla freddezza dell’efficienza tecnologica. Più la guerra si fa «intelligente», meno sembra lasciare spazio alla «riflessione etica» e alla voce interiore che dovrebbe guidare le azioni dell’umanità.
Eppure, paradossalmente, proprio questo scenario di frammentazione e conflitto mette in risalto un’immagine diversa e più potente: quella di compattare la «specie umana» che, nonostante tutto, resta unita per la presa di coscienza della sua vulnerabilità e delle sue paure. Quindi da una parte le bombe ad alto potere distruttivo dall’altra tutti noi. E allora se solo sapessimo ascoltarci, potremmo trovare la forza di affermare la vita sulla distruzione.
Forse è arrivato il momento di dare più spazio a questa realtà. Forse i «tecnici del pensiero umano» — filosofi, scienziati, educatori, innovatori — dovrebbero farsi carico di portare questa consapevolezza al centro del dibattito pubblico. Immaginiamo cosa potrebbe accadere se, accanto agli algoritmi di guerra, mettessimo algoritmi di pace, capaci di aiutare a costruire tavoli di dialogo, ponti di comprensione, reti di collaborazione tra popoli.
Potrà vincere la specie umana? La risposta non può venire solo dai calcoli o dalle strategie di potenza. Deve nascere da una nuova alleanza tra mente e spirito, tra tecnica e coscienza.
Solo così potremo trasformare la nostra complessità in un punto di forza, e la nostra intelligenza — umana e artificiale — in uno strumento di salvezza, e non di distruzione. Cominciamo a scrivere i punti di non ritorno per confermarne la sopravvivenza e confermandone le premesse. Ciascuno nel proprio ambito diventi attore non sono ammessi spettatori. Il dialogo acquisisca maggior forza di : responsabilità, ascolto, dialogo e coraggio per concludere in una apoteosi di famiglia umana. È tempo di riflessioni urgenti!