Puglia in pieno inverno demografico. Se non s’interviene ora, quando? Sono diversi i fattori dello decrescita della popolazione regionale (3.876.012 al 30 novembre, due anni prima circa 3.907.000), ma tutti lasciati purtroppo agire, senza porre un rimedio. La denatalità, il futuro incerto per le giovani coppie, il lavoro precario e l’attrattiva esercitata dalla buona occupazione fuori regione e all’estero su ragazze e ragazzi anche super titolati, formano un cocktail indigesto per la nostra bella terra baciata dal sole e bagnata da due mari (ma di sola bellezza, non si sopravvive).
C’è chi cerca soluzioni empiriche, fai da te, per fronteggiare lo svuotamento dei centri più disagiati e arroccati topograficamente. In Basilicata, si vendono case a 1 euro. In Capitanata, un Comune minaccia di dare le spalle alla Puglia: Carlantino medita la «secessione», è pronto a passare al Molise, ricorrerebbe a un referendum per cambiare Regione. Non escluso il Comune del Foggiano, poco più di 1.500 abitanti, i piccoli soffrono tutti una crisi senza precedenti, sono letteralmente a rischio estinzione. Il primo cittadino non si limita alla denuncia, propone una ricetta. La situazione, spiega, è aggravata dalla riduzione dei servizi essenziali, che accresce il divario economico con le città più grandi: serve una legislazione differenziata. Chiama perciò in causa il convitato di pietra, il Governo nazionale. Che si preoccupi, aggiungiamo, si muova, agisca finalmente. Eppure, c’è chi sale. L’Emilia Romagna, per decenni con un numero grosso modo pari di abitanti, guadagna residenti mentre la Puglia scende, anzi, precipita.
Al peggio, poi, non c’è mai fine. Non da oggi, suona un altro campanello d’allarme. Il deficit demografico sta provocando la crisi delle iscrizioni negli istituti scolastici pugliesi. Bari è un esempio per tutti: nel capoluogo, 2.076 alunni iscritti in meno. Le preiscrizioni per il 2025/26 hanno fatto registrare un calo esponenziale rispetto all'anno scolastico 2024/25. La decrescita non risparmia nessuna fascia d’età ed è in linea con l’intero territorio regionale, dove si continuano a registrare indici negativi da una stagione scolastica alla successiva. Anche qui c’è chi lancia l’allarme: i sindacati ricordano che la diminuzione degli alunni è in atto da anni. Che poi restino nonostante tutto le classi «pollaio», è davvero un paradosso.
I piccoli Comuni si svuotano, un processo che viene da lontano, accelerato dalla meccanizzazione in agricoltura e già provocato storicamente dall’abbandono dei campi: bisogna essere davvero motivati per restare a vivere nelle abitazioni rurali, quando le città offrono alloggi comodi, ben riscaldati, strapieni di comfort. A loro volta, tuttavia, i centri abitati più grandi, tra caro affitti, corsa alle locazioni brevi-brevissime, case vacanze e B&B, mettono in seria difficoltà i promessi sposi alla ricerca di casa. Li obbligano a rinviare le nozze, fino a togliere «la voglia» di mettere su famiglia. È un gatto che si morde la coda: non «ci» sposiamo perché non «sapremmo» dove andare a vivere e non «facciamo» figli. Dove farli crescere? Se aggiungiamo che non si può pensare a un bambino se non si ha un lavoro stabile, la «frittata» è fatta. Non c’è dieta che tenga, è un piatto unico quotidiano e non si vede come il menù possa cambiare, se non si mette mano ad un piano efficace di rilancio demografico a 360°.
Non dimentichiamo che la precarietà è uno dei problemi più gravi e urgenti tanto dei lavoratori, che della nostra comunità e dei nostri giovani. Dovremmo chiederci perché l’Emilia cresce e la Puglia decresce? Che sia perché una è più prospera ed economicamente attrattiva, mentre nell’altra l’occupazione è scarsa e in gran misura più a tempo determinato, se non in nero, che stabile e sicura? Economia, lavoro, innovazione, programmazione: per contrastare la desertificazione della nostra regione serve un’immediata progettualità nazionale, prima che locale. Occorrono interventi articolati e ben centrati sui problemi, per fermare l’esodo dalle campagne, lo svuotamento dei centri più piccoli, la fuga dei cervelli, per offrire un futuro a quei giovani che, nonostante tutto, restano.
Sono problemi che vanno affrontati e risolti dal Sistema Paese, ora e subito, con uno spirito unitario. Industria e mondo della ricerca, imprenditori e Università, andranno chiamati a concorrere allo sforzo, per quanto anche a loro una regia nazionale debba «dare una mano». Le aziende, infatti, soffrono l’insufficienza degli strumenti pubblici a disposizione delle imprese per favorire l’occupazione di uomini e donne e gli Atenei scontano la mancanza di sostegni alla propria azione. Da qui, la difficoltà nel garantire la continuità lavorativa al termine del periodo di apprendistato e un aiuto a specializzarsi, dopo un pur brillante percorso di studi accademici.
La Puglia sconfiggerà la crisi multipla soltanto con politiche innovative indirizzate verso il mondo imprenditoriale e con un forte e straordinario investimento proprio in cultura, innovazione e ricerca, per avere la certezza di valorizzare le energie fresche delle giovani generazioni e restituire loro fiducia nell’avvenire.