il commento

Donne coraggiose dietro il lieto fine della vicenda di Cecilia Sala

Biagio Marzo

Il film: «La reporter e la premier» con due protagoniste, Cecilia Sala, la reporter italiana arrestata ingiustamente e Giorgia Meloni, presidente del consiglio

Il film: «La reporter e la premier» ricco di suspense con lieto fine. Le scene girate nel carcere di Evin di Teheran e quelle conclusive all’aeroporto di Ciampino, a Roma. Con due protagoniste, Cecilia Sala, la reporter italiana arrestata ingiustamente e Giorgia Meloni, presidente del consiglio, il cui impegno per liberarla ha portato il New York Times a dire che «ha premuto in modo aggressivo» su Donald Trump.

Cecilia Sala è tornata sana e salva, in Italia. Possiamo dire solo e soltanto grazie a Giorgia Meloni. Non ha perso tempo e con piglio decisionista è volata a incontrare, grazie alla mediazione dell’amico Musk, a Mar a Lago, Donald Trump, con cui avrà di sicuro parlato della liberazione della giornalista italiana. Del vis a’ vis, tra il presidente americano e la presidente italiana non è filtrato alcunché. Come, d’altronde, non si conoscono le modalità della scarcerazione e se c’è stato o meno, e non avrebbe potuto non esserci, il silenzio / assenso di Trump. Di sicuro, l’amministrazione Biden è stata pilatesca, per non dire altro. Ci sono delle ipotesi, ma tutto si è svolto nel più assoluto top secret. Vero è che alla Meloni interessava la liberazione della Sala e su questo terreno si è spesa - come visto- allo spasimo. Per come il caso del sequestro della giornalista aveva preso la piega, Giorgia Meloni non ha pensato due volte, senza dar conto della sua iniziativa ad alcuno, si è imbarcata sull’aereo per la Florida. Tanto l’intendance suivra, ha pensato. Conta il risultato della scarcerazione di Cecilia Sala il resto è un ette: Space X e la commessa a Musk; Trump con le sue uscite su Panama e la Groenlandia musica per le orecchie di Putin e di Xi Jinping vogliosi di un nuovo ordine mondiale; le dimissioni «enigmatiche» annunciate della Belloni; gli errori di alcuni ministri e quant’altro. Molti avevano scommesso sulla missione impossibile della premier e, adesso, dovrebbero chiederle scusa. Dopo la scarcerazione della giornalista de Il Foglio e di Chora Media , le congetture, la dietrologia, i pregiudizi e le ideologie più faziose sono andare a farsi friggere. A Giorgia Meloni, va il merito di come ha gestito il complicato intrigo internazionale, visto che coinvolgeva, da una parte, l’Italia, la cui innocente giornalista veniva sequestrata dai Pasdaran, dall’altra, l’Iran, il cui ingegnere iraniano Abedini, arrestato dalla polizia italiana, all’aeroporto di Malpensa, su richiesta dal Dipartimento di giustizia USA, chiedeva la scarcerazione. Il mandato di cattura emesso dal giudice della Corte distrettuale del Massachusetts, Boston, accusa Abedini di acquisto di materiale tecnologico per la costruzione di droni, il cui uso iraniano. - Pasdaran - , in Giordania, ha portato alla morte di tre soldati statunitensi. Intanto, negli Usa veniva arrestato un altro iraniano complice di Abedini.

Oltre l’intrigo rompicapo, c’era il rischio che se la Meloni avesse sbagliato una mossa, sarebbe stata crocifissa, per sempre. E, dato tutto questo, ha fatto la mossa del cavallo, vincente.

Il caso di Cecilia Sala ha avuto un clamore mondiale e tutti hanno dovuto prendere atto che Meloni si è dimostrata una statista degna di questo nome. Risolto il caso Sala dovrebbe prodigarsi, altresì, alla liberazione degli ostaggi israeliani vivi o morti in mano ad Hamas.

C’è da dire che mentre l’asse Trump - Meloni ha funzionato alla perfezione, come se i due avessero rapporti di collaborazione, diciamo, immemorabili, invece, il rapporto - come detto - con Biden per nulla. Sul versante del governo iraniano qualcosa è sfuggita di mano. All’ insaputa del presidente Masoud Pezeshkian, i Pasdaran si sono mossi, arrestando Cecilia Sala come ritorsione per l’incarcerazione di Abedini. Come è risaputo le Guardie della rivoluzione islamica rispondono, solamente, ad Ali Khamenei, la Guida suprema. Colui che ha in mano in modo totalizzante e repressivo il potere iraniano. Il che ha creato grossi problemi in un momento difficile sotto molto aspetti.

L’Italia ha sempre tenuto buoni rapporti diplomatici, commerciali ed economici con l’Iran, di là dalle sanzioni Ue. L’Iran sta vivendo una profonda crisi economica con un forte deprezzamento del Riyal, la sua moneta corrente. Israele ha inferto dei colpi mortali ai suoi alleati, in Libano, agli Hazebollah e, a Gaza, ad Hamas. In questa guerra, l’Iran si è dissanguata finanziariamente e, in più, gli israeliani l’hanno colpita duramente, distruggendo arsenali e caserme militari.

La crisi, in Iran, è profonda e il popolo iraniano, di cui non possiamo non parlare bene, avendo intelligenza e umanità, potrebbe essere artefice di risvolti inediti. Di questo popolo, le donne sono le vere «rivoluzionarie», sfidando il regime teocratico, tutti i giorni.

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