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Il Mezzogiorno unito avrebbe bisogno del «suo» risorgimento

 
Ettore Jorio

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Ettore Jorio

Il Mezzogiorno unito avrebbe bisogno del «suo» risorgimento

Ci vuole un Re. Un Sovrano del Mezzogiorno, di quella entità geo-demografica espulsa dalla Costituzione riscritta nel 2001

Giovedì 21 Novembre 2024, 13:08

Ci vuole un Re. Un Sovrano del Mezzogiorno, di quella entità geo-demografica espulsa dalla Costituzione riscritta nel 2001. Ciò allo scopo di fermare la sua agonia, sino ad invertirne la tendenza proiettandolo verso un adeguato rilancio. Insomma, occorre che il Mezzogiorno si realizzi il suo Risorgimento, inteso come processo storico per concretizzare la sua unità - non certamente nella forma giuridica come fu quella d’Italia - di progetto politico-economico e di risultato, messa insieme sulle singole peculiarità piuttosto che sulle sue diversità messe in concorrenza, come solito.

Non solo. Perché lo stesso si proietti verso il Mediterraneo geografico quale ulteriore obiettivo destinatario delle sue produzioni e della sua accoglienza e, reciprocamente, compartecipe nello sviluppo di pratiche formative per una migrazione mirata e retributiva. Satisfattiva delle esigenze occupazionali che esprime il mercato nazionale ed europeo e la immane istanza di occidentalizzazione che estrinsecano gli Stati africani e mediorientali.

Un Mezzogiorno che, in fin dei conti, diventi un sito più attrattivo, produttivo e cooperativo sia tra le regioni che lo compongono e quelle gli sono prossime per essere appena al di là delle sponde del Mediterraneo. Una occasione, questa, che potrebbe facilitare l’instaurarsi di una disciplina fattuale, estemporanea in una prima fase sino a divenire poi strutturale, posta a tutela e a soddisfacimento della offerta di mano d’opera manufatturiera e terziaria attraverso la generazione di una domanda più qualificata di immigrati, per molti versi, pronti all’uso lavorativo.

Da qui, l’esigenza di un Re ideale che interpreti severamente il ruolo di federatore, di generatore di una entità ideale politica, contrattuale e fondativa di legislazioni e programmazioni coordinate.

Una rappresentazione mentale, questa, naturalmente formatasi a seguito della constatazione delle inconcepibili asimmetrie temporali che si registrano nelle elezioni regionali del Paese, che hanno la specificità di mettere sotto una imbarazzante pressione le rispettive nazioni regionali di appartenenza.

Tra un po’ di tempo (2025) quelle di Campania e Puglia, appena prima quelle di Abruzzo (2024), di Basilicata (2024), di Sardegna (2024), di Molise (2023), Sicilia (2022) e di Calabria (2021).

Una scansione, questa, da rivedere nel senso di celebrarle simultaneamente, perché utile a rivedere e proporre scadenze elettorali necessarie per fare sì che la politica del Mezzogiorno sia elaborata e programmata in sincronia prospettica e con un macro-obiettivo sinergico. Una giornata delle elezioni regionali del Sud (election day for equals) ove le compagini si impegnino anche in un progetto unitario oltre che ogni singola istituzione, in favore del quale lavorare per un quinquennio indipendentemente se maggioranza ovvero opposizione. Una grande riforma a garanzia degli impegni.

Una azione combinata e contemporanea in tale senso, diverrebbe un prezioso elemento di cooperazione politico-istituzionale per il raggiungimento di uno stesso scopo, assicurando un rendimento maggiore di quello ottenuto dai vari elementi separati e disgreganti come lo sono ora. Le sinergie che le Regioni del Mezzogiorno esprimono sono tali e tante da divenire un carburante inimitabile per affrontare in modo coordinato le politiche dell’ambiente, dei trasporti, delle energie, del turismo e del welfare, senza arrivare ad inutili concorrenze e dannevoli duplicazioni senza elevarne i livelli. Mettere insieme le scadenze elettorali significherebbe, d’altro canto, la concretizzazione di una competizione politica più raccolta, più unitaria, più accorta e più capace di elaborazioni su grande scala che, nella logica delle cose, metterebbero a terra l’esigenza di revisionare la Costituzione nel senso di istituire un Senato delle Autonomie.

Un Re federatore, dunque, che - stante le similitudini e le diversità caratterizzanti l’insieme meridionale - sia capace di comporre una erogazione cooperata dei diritti sociali, disperatamente assenti nelle diverse regioni del Mezzogiorno, a cominciare dalla salute, dalla scuola e dai trasporti pubblici locali.

Tutto questo funzionale ad immaginare l’enormità del potere contrattuale che il nostro Re ideale avrebbe nei confronti del Sovrano che regna nel Paese e nell’Unione Europea.

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