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Che incubo vivere senza noia: la «cumbia» di Sanremo ci ricorda la vita no-social

 
Lisa Ginzburg

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Lisa Ginzburg

Che incubo vivere senza noia: la «cumbia» di Sanremo ci ricorda la vita no-social

Argomento tabù, la noia, perché ammettere di annoiarsi sembrerebbe equivalere all’ammissione di una sconfitta, di una debolezza, e il provare noia un elemento che ci rende manchevoli, carenti e perciò «perdenti»

Giovedì 14 Marzo 2024, 13:33

Sottostante al successo della canzone vincitrice dell’ultimo Festival di San Remo, «La cumbia della noia», c’è il suo tema. Ad aver fatto incoronare il brano di Angelina Mango non c’è solo l’orecchiabilissmo ritmo latino, non solo la indiscutibile presenza scenica della cantante, o la forza della sua voce. Si aggiunge, all’aver reso subito amato da molti (non tutti) questo brano, il suo argomento: la noia.

Già, perché di noia non si parla mai, e invece la noia pervade le nostre vite, molto più di quanto si voglia vedere, e le pervade di questi tempi per certi aspetti più che mai. Argomento tabù, la noia, perché ammettere di annoiarsi sembrerebbe equivalere all’ammissione di una sconfitta, di una debolezza, e il provare noia un elemento che ci rende manchevoli, carenti e perciò «perdenti». Al contrario, la noia meriterebbe di venire messa almeno per un momento in primo piano, essere raccontata, sviscerata, ma soprattutto vissuta. Sperimentata. Niente da fare: non solo essa è bandita, ma sul suo senso e la sua funzione nessun racconto, non la minima allusione (prima del brano vincitore di San Remo).

Della noia non si parla, punto e a capo: la si tiene celata, la sola ipotesi che esista sembra esclusa. Per non dire di come la stessa idea di noia sia cambiata: intesa come condizione dell’animo, per la maggior parte dei casi ha cambiato di segno, nel senso che ne sono mutate le cause, i motivi. Sino a un po’ di tempo fa, ci si annoiava in ragione del vuoto, per mancanza di eventi, per assenza di voci intorno. Ci si annoiava nella solitudine e nel deserto, deserto di avvenimenti e di presenze. Ora è diverso. Ora ci si annoia per il contrario: per eccesso di voci, per eccesso di stimoli e di stimolazioni «indotte». Una volta di più, ad avere modificato le cose è lo sconfinato palcoscenico della vita social, il lavorìo costante dell’informazione mediatica di cui siamo quotidiani bersagli. Scenario virtuale, dunque irreale, sconfinato quanto ingestibile, onnipervasivo e invasivo, il “sistema” della condivisione virtuale (di vero e proprio sistema si tratta) non ci fa annoiare, all’apparenza, mai.

Se, come succede ai più, in quell’universo stiamo immersi ogni giorno e in modo ininterrotto, ci è possibile non avvertire un solo istante di vuoto, un solo minuto di silenzio. Tutti intorno a noi parlano, postano, discettano, dialogano, caricano video, e foto, e musiche, e altri suoni che tutti svolgano funzione di testimonianza delle loro singole vite. Un «intorno» che manca di realtà, cui di fatto corrisponde un deserto e che non marca nessuna reale condivisione, ma di questo in pochissimi sembrano rendersi conto, di questo in pochissimi si preoccupano. A forza di seguire online vite altrui, opinioni altrui, suggestioni dettate da impulsi altrui (impulsi spesso pochissimo controllati, per nulla dosati né oculati), ecco scomparsa dai nostri orizzonti esistenziali la solitudine, la prospettiva di restare con noi stessi, certe volte, perché no, anche annoiandoci. Bandita la noia: eccoci a non annoiarci mai. A non annoiarci più.

Ecco il silenzio, così come il vuoto, diventati merce rara, un lusso. «Staccare», un’opzione paventata e temuta dai più. Eppure senza noia, senza vuoto, che cosa si costruisce, cosa sedimenta e cresce, dove mai si va a parare? Senza noia, la verità è che succede poco, pochissimo. Senza noia non si stagliano i pensieri nitidi che solo annoiarsi sa generare, senza vuoto non riescono a delinearsi e parlarci le intuizioni chiare, quelle più profonde e spontanee ascoltare le quali ci aiuta poi a scegliere, orientarci, cambiare. Senza vuoto, nessun pieno ci raggiungerà. Vallo a spiegare a chi è convinto di non annoiarsi mai, a chi scambia la falsa compagnia generata dall’invasività dei social con l’autenticità di una vita sociale in carne e ossa, a quanti credono, popolando le loro ore di tempo libero di compulsiva attività virtuale, occhi e dita incollate ai telefoni cellulari, di aggirare la noia. Senza capire che senza vuoto, senza silenzio, senza annoiarsi per davvero mai, niente di autenticamente vivo e vigoroso può né potrà prendere piede, installarsi, dare frutti.

La “cumbia della noia” non è soltanto titolo e ritornello di una canzone di successo nazionale: è un passo di danza da ritrovare, un ritmo lento e vicino al vuoto di cui abbiamo smarrito l’eco, e che senza che i più tra di noi se ne accorgano, invece ci manca moltissimo.

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