Dopo 1192 giorni l’organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso l’emergenza internazionale per la pandemia da Covid-19: era stata promulgata il 30 gennaio 2020, l’annuncio del ritorno alla «normalità» è stato dato il 5 maggio 2023 dal direttore Generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Ei fu. A quel 30 gennaio, i casi registrati fuori dalla Cina erano circa 100.
Le date sono importanti. Giusto un mese prima, il 30 dicembre, c’era solo una persona al mondo che aveva intuito cosa stava per accadere. Era un oftalmologo, lavorava nell’ospedale di Wuhan, la città più popolosa della Cina centrale e si chiamava Wenliang Lee: alle 17:43 (ora di Wuhan) del 30 dicembre 2019, in una chat di ex compagni della facoltà di medicina, postava: «7 casi confermati di Sars sono stati segnalati dal mercato ittico di Huanan». Nemmeno un’ora e, avute nuove i migliori informazioni, correggeva il riferimento alla Sars in «infezioni da coronavirus», aggiungendo un’avvertenza amicale: «Non fate circolare quest’informazione al di fuori del gruppo».
Toolittletoo late, si dice in inglese, troppo poco e troppo tardi: Lì, «la talpa» è diventato il capro espiatorio, ha subito provvedimenti dalle autorità cinesi, ed è anche deceduto a causa dell’infezione.
Le date sono importanti: 30 dicembre 2019: 7 casi a Wuhan; 30 gennaio 2020, solo 100 casi fuori dalla Cina; 5 maggio 2023: 7 milioni di morti riportati dall’OMS ma, come ha dichiarato Ghebreyesus in conferenza stampa, «noi sappiamo che la stima è di molte volte maggiore, pari almeno a 20 milioni di morti»: calcolatrice alla mano, circa 17mila morti al giorno per ognuno dei 1192 giorni di emergenza internazionale. E, ovviamente, se l’emergenza internazionale è stata revocata, ciò non vuol dire che il conto delle vittime si sia fermato.
Le date sono importanti. A Filadelfia il 2 Gennaio 2019 Henry Li, un postdoc, e la sua supervisor Susan R. Weiss, un’autorità sui coronavirus, cominciano a ordinare mascherine N95, che avevano già utilizzato per studiare la Mers, e camici, guanti, e respiratori elettroventilati: in 72 ore avevano letto e già capito che avrebbero dovuto lavorare con un probabile nuovo coronavirus. Il giorno prima, il 1° gennaio, quando nemmeno l’OMS era stata ancora avvisata, le autorità comunali di Wuhan chiudevano il mercato ittico per sottoporlo a «sanificazione e lavori di mantenimento». In Cina sapevano già. Tra il 1° e il 3 gennaio del 2020 almeno tre équipe disponevano dei risultati dei campioni ambientali dei canali di scolo del mercato, e avevano già la sequenza genomica, «avevano visto il virus». Il 7 gennaio George Fu Gao, direttore generale del Chinese Center for Disease Control and Prevention, avverte l’OMS parlando direttamente con il direttore, Tedros Adhanom Ghebreyesu; il 10 Gennaio su Virological esce un post dal titolo, Novel 2019 coronavirus genome. La corsa a conoscere il virus era cominciata. Da noi, il «paziente 1» di Codogno viene scoperto il 20 febbraio 2020; il 22 febbraio, l’allora prefetto di Lodi, con la realizzazione della prima zona rossa per dieci comuni della Bassa Lodigiana, suo malgrado chiude in casa 47 mila persone; poco più di un mese più tardi, tra l’8 e il 9 marzo ci «troviamo» tutti in lockdown.
Le date sono importanti. Il 27 dicembre 2020 i primi vaccinati d’Italia contro Covid-19 sono la direttrice del laboratorio di virologia dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma, Maria Rosaria Capobianchi, l’infermiera Claudia Alivernini e l’operatore sociosanitario Omar Altobelli. Un miracolo? No! Come ha dichiarato il Nobel Venki Ramakrishnan, dietro la tecnologia di quei vaccini c’erano dieci, quindici anni di lavoro su molte altre malattie, magarirare disease tropicali che non trovavano spazio sui media: gli esperimenti, i trials sui dosaggi, l’ expertise hanno permesso a chi ha lavorava già da moltissimo tempo di identificare Covid-19 come il target, nuovo, per una piattaforma tecnologica che era già più che matura.
1192 albe ci separano dall’inizio di un incubo che più globalizzato non si poteva immaginare. Per vedere quella del 6 maggio di quest’anno è stato fondamentale condividere i dati, le sequenze, i risultati delle ricerche, è stato importante parlare ed ascoltarsi. In qualche caso è stato anche opportuno ignorare il canto stonato di alcune sirene. Alla domanda «Qual è stata la decisione più importante che ha preso durante il 2020?», l’immunologo Anthony Fauci ha risposto, «Quella politica, di pronunciarmi apertamente contro il presidente Trump».
Per 7 milioni di persone nel mondo, il sole del 6 maggio 2020 non è mai sorto. Ricordiamoli sempre. Le date e i numeri sono importanti: teniamo a mente tutto. Il 5 maggio, come abbiamo imparato a scuola, «Ei fu»: ma non è finita. E un altro incubo può ancora affacciarsi. Gioiamo oggi, com’è giusto, ma teniamoci pronti.