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Per la pace e l’economia riposizionare la Cina al centro della diplomazia

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

Per la pace e l’economia riposizionare la Cina al centro della diplomazia

Le notizie che arrivano dal Fondo Monetario Internazionale non sono rosee e il grande Paese asiatico difficilmente propenderebbe per una riduzione del debito delle nazioni in difficoltà

Domenica 16 Aprile 2023, 15:03

Le notizie che arrivano dal Fondo Monetario Internazionale non sono rosee, proprio perché i dati di crescita sono stati corretti al ribasso. I dati ufficiali, di cui tutto il mondo economico sta discutendo, sono questi: quasi il 90% delle economie avanzate registrerà un rallentamento della crescita quest’anno, mentre i mercati emergenti asiatici dovrebbero riportare un aumento sostanziale della produzione economica, con India e Cina che potrebbero rappresentare la metà di tutta la crescita.

L’economista francese Pierre-Olivier Gourinchas, anche docente a Berkeley, ha commentato la questione salariale in maniera più confortante di quello che si sta leggendo, precisando innanzitutto che la lotta all’inflazione deve restare l’assoluta priorità delle banche centrali. Dobbiamo dunque preoccuparci del rischio di una spirale salari-prezzi incontrollata? Ha dichiarato: «Su questo punto rimango poco convinto. Le economie più avanzate, innanzitutto, mostrano importanti segni di resilienza. Gli aumenti salariali nominali (cioè la quantità di moneta guadagnata dal lavoratore per il servizio prestato), spesso, ritardano gli aumenti dei prezzi, fattore che implica, a sua volta, un calo dei salari reali (cioè la quantità di beni che un lavoratore può effettivamente acquistare con la sua paga). In qualche modo, paradossalmente, tutto ciò sta accadendo mentre la domanda di lavoro – in alcuni Paesi - è molto alta. I dati suggeriscono che i salari reali – alla fin fine, nonostante i ragionamenti teorici - dovrebbero aumentare, assorbendo gran parte dell’aumento del costo del lavoro, in media. A condizione, però, che le aspettative di inflazione rimangano ben monitorate e ancorate. L’effetto sui salari reali, però, potrebbe richiedere più tempo del previsto».

La maggiore preoccupazione espressa riguarda invece il settore finanziario. Secondo l’economista francese un forte inasprimento delle condizioni finanziarie globali - un cosiddetto evento di risk-off - potrebbe avere un impatto drammatico sulle condizioni del credito e sulle finanze pubbliche, specialmente nelle economie in via di sviluppo. Questo causerebbe grandi deflussi di capitali, con un improvviso aumento dei premi di rischio, con il dollaro in una “corsa ai ripari” e con un forte calo della spesa delle famiglie e degli investimenti. Le discussioni in corso, a Washington, sono diverse, sfaccettate, anche se decisamente collegate. Al centro di ogni analisi economica si colloca la spada di Damocle del conflitto russo-ucraino, che dalla crisi energetica fino all’inflazione sta giocando un ruolo altamente pericoloso nello scenario globale, senza che i leader politici sembrino rendersene conto (a differenza degli analisti geopolitici e degli economisti). Il ruolo della politica americana, in tal senso, assume contorni inquietanti.

A che cosa si potrebbe andare incontro? Se non si riuscisse a trovare un accordo, facendo sedere la Cina al tavolo delle situazioni di crisi, si potrebbe tornare alla soluzione del 2015, quando la Russia boicottò la ristrutturazione del debito contratto in Ucraina. Come evidenzia il giornalista Galbiati, questa sarebbe una extrema ratio non di certo facile, poiché ci si troverebbe nella condizione di aggirare il creditore intransigente (la Cina), congelando la sua posizione e tenendola fuori dai possibili benefici di una ristrutturazione. Inoltre tutto ciò creerebbe ulteriore tensione fra Usa e Cina.

Un aspetto ancora non va sottovalutato. In questo nuovo scenario è chiaro che il Fondo Monetario si trova a non essere più un interlocutore esclusivo (soprattutto nel momento in cui si deve intraprendere una ristrutturazione del debito) e su questo versante la Cina assume una rilevanza sproporzionata. È evidente che la Cina difficilmente propenderebbe per una riduzione del debito dei Paesi in difficoltà – così come desiderato da FMI. Al momento la situazione appare bloccata e, anche in questo contesto, sarebbe auspicabile tornare a riposizionare la Cina al centro delle trattative di pace, all’interno del conflitto che sta sconvolgendo le economie globali.

Accordi diplomatici e ripresa economica sono due volti della stessa medaglia.

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