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Crisi delle banche: questa volta non ci sarà il «contagio globale»

 
Salvatore Rossi

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Salvatore Rossi

Deutsche Bank

Paura sui mercati per la caduta in Borsa di Deutsche Bank, ma gli istituti centrali e i governi hanno reagito con prontezza favorendo soluzioni radicali

Domenica 26 Marzo 2023, 14:18

La caduta in borsa di Deutsche Bank, avvenuta venerdì scorso, non impedisce di affermare che per questa volta, diversamente da quindici anni fa (caso Lehman Brothers), il contagio finanziario globale sembra evitato.

Ripassiamo gli eventi. Un paio di settimane or sono una banca americana di medie dimensioni, la Sylicon Valley Bank, si affloscia su stessa travolta dall’insipienza dei suoi gestori. Era una banca «di prossimità», come si sarebbe detto in Italia, cioè una banca fortemente radicata in un territorio, appunto la Sylicon Valley californiana, popolato di aziende nate in un garage, che SVB finanziava. Erano finanziamenti ad alto rischio, in start-ups che non si sa mai come vanno a finire, alle quali normalmente danno soldi dei «capitalisti di ventura», non delle banche. Ma tant’è, i prestiti non erano il mestiere principale di SVB, che era invece quello di accettare ingenti depositi «a vista» dalle aziende della zona, nel frattempo divenute ricche e grandi, investendo quei soldi in supersicuri titoli di Stato. Per tutti gli anni in cui i tassi d’interesse erano stati quasi nulli la banca si accontentava del piccolo margine fra la remunerazione dei depositi, praticamente nulla, e gli interessi percepiti sui titoli in cui investiva, piccolissimi ma non nulli. Quando i tassi d’interesse hanno preso a salire, e conseguentemente il valore di mercato dei titoli a scendere (i titoli nuovi con un tasso più alto spiazzano quelli vecchi, che si deprezzano), SVB ha iniziato ad accumulare perdite virtuali.

Che sarebbero tuttavia rimaste solo sulla carta se i titoli fossero stati tenuti fino alla scadenza. Ma i clienti si sono allarmati e hanno massicciamente ritirato depositi, costringendo la banca, per soddisfarli, a vendere sul mercato titoli svalutati. Un circolo vizioso durato poco. La banca è saltata. Per un motivo vecchio di secoli - una crisi di liquidità - proprio nella più futuribile delle terre: un vero paradosso! Siccome la finanza è diventata globale, gli investitori si sono messi a ricercare nel mondo altre banche vulnerabili e ne hanno subito individuata una svizzera, Crédit Suisse, stavolta di grande dimensione anche su scala internazionale.

CS era da tempo pericolante, a causa di cattive gestioni e scandali. È stata travolta anch’essa da colossali ondate di vendite sul mercato azionario e ritiri di depositi. A questo punto si è ingigantita la preoccupazione che vi fosse un contagio generalizzato a tutte le banche deboli del mondo e poi a tutto il sistema finanziario globale, proprio come successe alla fine del 2008 dopo il crollo della Banca americana Lehman Brothers. Si sono moltiplicate voci intimanti alle grandi banche centrali - soprattutto alla Fed americana e alla Banca Centrale Europea - di rallentare la corsa agli aumenti dei tassi d’interesse, sacrificando la furia antinflazionistica sull’altare della stabilità finanziaria. Ma i fatti di quindici anni fa sono diversissimi da quelli odierni. Allora successe una cosa mai vista: molte grandi banche internazionali si ritrovarono coinvolte in una specie di truffa legalizzata ai danni dei loro clienti (la storia dei mutui subprime cartolarizzati, una diavoleria a suo tempo descritta in lungo e in largo, anche da un paio di film), e tutte rimasero paralizzate da una sorda sfiducia reciproca collettiva, che portò al blocco del sistema finanziario di tutto il mondo. Ne seguì una profonda recessione economica, perché la finanza è per l’organismo economico come il sangue per quello umano, se smette di circolare il corpo deperisce velocemente. Ci vollero almeno due anni per risanare l’economia del mondo.

Le banche centrali furono fondamentali nel fornire liquidità praticamente gratis quasi a chiunque. Stavolta ciò a cui si è assistito è the same old story, per dirla come il vecchio Sam nel film Casablanca. Si chiama «corsa agli sportelli», anche se ormai gli sportelli bancari sono sempre più rari e i depositi si spostano da una banca all’altra con un click. Una corsa che si scatena quando i clienti percepiscono che i loro soldi sono in pericolo, per errori di gestione di chi li custodisce. Le banche centrali e i governi hanno reagito con prontezza favorendo soluzioni radicali per entrambi i casi.

Fin troppo, dicono alcuni critici, poiché è stato bellamente calpestato un principio a cui i regolatori finanziari europei hanno tributato dopo la crisi post-Lehman onori come a una sacra divinità: che una banca mal gestita deve fallire e chi ha creduto in essa (azionisti, obbligazionisti, financo depositanti) deve perdere i suoi soldi, così impara a dare fiducia a chi non la merita. Un principio discutibile già per delle salumerie, figuriamoci per delle banche che vivono di fiducia e possono istantaneamente contagiare tutto il mondo, anche se sono relativamente piccole e locali come SVB. Meno male che i regolatori erano quelli americani e svizzeri. Comunque la BCE e la Fed americana non hanno sostanzialmente dato ascolto a chi chiedeva loro un rallentamento della marcia verso tassi più alti. Evidentemente non hanno creduto nell’ipotesi di un rischio alto di contagio.

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