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L’arresto di Messina Denaro è la vittoria della democrazia contro ogni illegalità

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

L’arresto di Messina Denaro è la vittoria della democrazia contro ogni illegalità

Parole forti, non casuali, che descrivono in maniera inconfutabile lo stato d'animo dei servitori dello Stato che in silenzio, sacrificando vite e famiglie, hanno lavorato per porre fine a una latitanza che stava diventando ingiustificabile

Martedì 17 Gennaio 2023, 14:02

«Oggi ha vinto la democrazia» ci dice uno degli investigatori che ha dedicato una manciata di anni della sua carriera nei reparti d’élite delle nostre forze dell’ordine per inseguire Matteo Messina Denaro e fare terra bruciata attorno all’ultimo boss di Cosa Nostra. Parole forti, non casuali, che descrivono in maniera inconfutabile lo stato d'animo dei servitori dello Stato che in silenzio, sacrificando vite e famiglie, hanno lavorato per porre fine a una latitanza che stava diventando ingiustificabile in una società che tramite i moderni strumenti tecnologici riesce a sapere tutto di tutti in tempo reale, e per niente coniugabile con le caratteristiche di una democrazia solida e compiuta.

«Oggi hanno vinto la democrazia e il Ros» aggiunge e corregge, sottolineando il ruolo avuto nella cattura di Messina Denaro dal Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri, lo stesso reparto che 30 anni fa, il 15 gennaio del 1993, mise in manette Totò Riina, il capo dei capi, un arresto macchiato dalle polemiche seguite alla mancata perquisizione del covo utilizzato dal corleonese, polemiche risuonate anche nell'anniversario del durissimo colpo inflitto a Cosa Nostra.

Furono la Squadra Mobile e la Squadra catturandi nell'aprile del 2016, a scovare la tana nella quale si nascondeva e scriveva i suoi leggendari pizzini Bennardo Provenzano, un risultato che portò sull’1-1 l'ideale derby tra carabinieri e polizia, un derby in realtà lontano dalla realtà fatta invece di leale collaborazione tra apparati dello Stato, nella consapevolezza che ogni divisione poteva essere fatale e che invece unendo le caratteristiche singole di ogni reparto, poteva arrivare quel risultato inseguito per anni e al centro dell'attività del «programma speciale di ricerca» del gruppo Interforze.

Il contesto nel quale è maturato l’arresto di Matteo Messina Denaro dirà molto sulla rete di protezione che ha consentito al latitante numero uno in Italia di perpetuare la sua leggenda, mix formidabile – in grado di fargli aggiungere il soprannome di Diabolik a quello di U siccu - composto dalla sua capacità di sfuggire alla giustizia e dal peso criminale derivatogli dall'aver ereditato le redini di un mondo rimasto privo di capi dopo la cattura di Provenzano.

Il sol fatto che la sua latitanza sia conclusa dimostra che non ci sono più malacarne protetti da tutto e da tutti e che la giustizia è uguale per tutti.

Le indagini patrimoniali hanno già detto molto dell'impero costruito da Messina Denaro riciclando i proventi dell'attività di Cosa Nostra, di una mafia che abbandonata la stagione stragista dei corleonesi, si è inabissata, allargando a suon di euro – ammontano a quasi 2 miliardi i sequestri di beni compiuti negli ultimi tempi ai danni dei complici di Messina Denaro - a macchia d’olio il suo potere, non disdegnando insinuazioni nella pubblica amministrazione, insinuazioni non fatte più come una volta con minacce e intimidazioni ma candidando e facendo eleggere persone dell'organizzazione.

Con l'arresto di Matteo Messina Denaro ha vinto senza dubbio l'Italia democratica, quella che considera la legalità non un inutile orpello da minare rendendo difficili indagini e processi ma la regola base della società nella quale viviamo. Con l'arresto del latitante numero uno viene ricordata degnamente la memoria di chi, per cercare di fermare la mafia, ha perso o messo a rischio la sua vita nel nome di un ideale più grande, più forte di quell'egoismo che a volte ci porta a tollerare qualsiasi cosa accada a mezzo metro da noi.

Ieri, a Palermo, abbiamo vinto tutti.

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