Il grido di allarme sull’invivibilità delle carceri per il sovraffollamento ce l’aspettavamo e puntualmente è stato lanciato. Lo stato dei nostri penitenziari è peggiorato sempre di più e tutti i governi che si sono succeduti non sono riusciti a arginare un fenomeno che si è sempre presentato di difficile soluzione. Sembra facile oggi pensare a un progetto efficace di edilizia carceraria (costruire più carceri), ma siamo sicuri che sia questa la soluzione giusta? Non è pura demagogia quella di ricorrere alla costruzione di più istituti penitenziari per porre rimedio al sovraffollamento delle carceri, quando, poi, non si stanziano fondi sufficienti per il pacchetto Giustizia? Il raddoppio della popolazione carceraria va visto nell’ottica della giustizia in generale, in quanto costituisce solo la parte terminale di un iter che ha origine con il processo penale e l’applicazione del diritto positivo. In altri termini, occorre vedere se ci possano essere altre soluzioni che «alleggeriscano» il peso dell’ammassamento.
È forse arrivato il momento e l’occasione di «ripensare» in maniera diversa a un piano di giustizia politico-criminale, che preveda la rivisitazione di alcune fattispecie penali ancora legate a un passato non più aderente alla realtà, la creazione di altre che non siano più di natura bagatellare, ma rispondenti alle nuove esigenze di una società sempre più tecnica e scientifica, e l’eliminazione di una marea di figure criminose ormai desuete. Si arriverebbe in questo modo a un riassetto generale del diritto penale che contemplerebbe solo tutte quelle fattispecie più gravi e quelle più moderne. Sarebbe auspicabile rielaborare alcuni aspetti di parte generale, come è stato fatto per la scriminante della legittima difesa, e allargare il quadro delle figure delittuose di parte speciale, come si è già proceduto in alcuni casi con un’operazione di restyling per la nuova disciplina sui reati sessuali (il caso dello stalking). Così incidendo, si eliminerebbero i rami secchi delle vecchie figure criminose e si punterebbe a una sorta di «specializzazione e modernizzazione» del diritto penale in vari campi e settori che più hanno bisogno di attenzione.
Potrebbe essere sufficiente riscrivere nuove forme di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, estendere la perseguibilità a querela, aumentare le sanzioni pecuniarie e delle pene accessorie, aggravare le pene previste per alcune contravvenzioni, e utilizzare meglio e di più la confisca, il sequestro, la sospensione condizionale della pena, il risarcimento del danno e la restituzione del mal tolto. Tutti istituti-rimedi di natura sostanziale e processuale che, attenuando sicuramente la carcerizzazione, si potrebbero ottenere con uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche per una revisione concettuale della pena detentiva. In una dimensione moderna e soprattutto europea il carcere deve essere utilizzato nei casi in cui appare assolutamente necessario, come estrema ratio, per garantire una valida prevenzione generale e una reale difesa della società, nell’ambito di una «pena giusta», così come prevede la Carta dei diritti dei Paesi della Comunità Europea. È arrivato il momento di apportare al sistema detentivo una profonda trasformazione genetica.