LECCE - «Dopo il lunghissimo periodo di stop che abbiamo dovuto osservare, se si tornerà in campo sarà come ripartire da zero. Inoltre, ci saranno le incognite legate al fatto che, proprio la fase decisiva del torneo ci vedrà costretti ad un tour de force, per di più in un periodo caratterizzato dal caldo e da un elevato tasso di umidità. Ad essere determinante sarà in primo luogo il fattore mentale, ovvero la capacità di essere subito attenti, concentrati, determinati, reattivi. Poi conterà la condizione fisica del gruppo, in quanto saranno necessari, stanti gli impegni ravvicinati, degli avvicendamenti. Un altro aspetto-chiave sarà costituito dalla coesione dell’ambiente».
Parla dopo la terza settimana di allenamenti, il difensore centrale Fabio Lucioni, uno dei leader del Lecce, tra gli uomini simbolo della scalata dalla B alla A, uno dei più utilizzati in massima serie.
Ve la vedrete immediatamente con Milan e Juventus. Si tratta di un handicap o il ritorno in campo sarà una incognita più per rossoneri e bianconeri che per voi?
«Sono due compagine ricche di calciatori di altissimo livello. Pertanto, si tratterà di un avvio in salita. Al contempo, riprendere in cammino dopo tanto tempo riserverà delle insidie per chiunque e noi dovremo essere bravi a sfruttare ogni crepa che dovesse evidenziarsi nelle nostre rivali».
Decisivi saranno gli scontri diretti con le altre pericolanti?
«Dovremo affrontare la lunga e faticosa volata finale con l’idea che ogni partita potrebbe rivelarsi determinante, come se fossimo attesi da dodici finali. Conta mettere da parte i punti che mancano per raggiungere la quota-permanenza».
Si giocherà a porte chiuse.
«Mancherà la componente del tifo, della passione, che è quella che rende unico il calcio. È surreale giocare dinanzi a spalti deserti».
La lacuna del Lecce è stata costituita dai troppi gol incassati. Come contate di migliorare la fase di non possesso?
«Continuando a lavorarci su, analizzando gli errori commessi per cercare di non ripeterli, limando i difetti. Inoltre, serviranno tanta “fame” di risultati positivi, cattiveria agonistica e la percezione esatta del pericolo che si corre quando sono gli avversari ad attaccare. Se ciascuno di noi accrescerà la propria attenzione, concedendo meno spazio, tenendo sempre sotto controllo il proprio uomo, rammentando le caratteristiche di chi ha di fronte, allora sarà possibile limitare i danni. Il resto lo farà l’organizzazione tattica».
Quanto è stato complicato trovare con la società l’intesa sulla riduzione degli emolumenti?
«Quando c’è rispetto e fiducia reciproca come in casa del Lecce, tutto si può fare senza particolari problemi, venendosi incontro. Era giusto che anche noi calciatori rinunciassimo a qualcosa, in un periodo nel quale tutti i cittadini hanno dovuto farlo, subendo danni anche ingenti. Penso sia stato bello che i giocatori della prima squadra e la proprietà abbiamo voluto escludere dai tagli collaboratori, dipendenti e chi opera nel settore giovanile».
Una partitaro il cui esito proprio non è andato giù?
«Quello perso con la Lazio, all’Olimpico, per 4-2. Perché abbiamo giocato molto bene e perché avevamo ottenuto il 2-2 con Lapadula, ma il gol è stato annullato senza che ci sia stato consentito di ripetere il rigore dal quale era scaturito».
Cosa le resta dell’applauso riservatovi dai tifosi dopo la batosta per 7-2 subita al Via del Mare da’Atalanta?
«I brividi che ho avvertito quando il pubblico ci ha salutati così, dopo un risultato mortificante sul piano numerico. Nel primo tempo avevamo tenuto botta, rimontando dallo 0-2, e la nostra gente ha compreso che avevamo dato tutto, dal 1’ al 90’, anche se nella ripresa siamo crollati».