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Gli amori di Federico II e il fantasma di una donna nel castello di Brindisi

 
Grazia Piscopo

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Grazia Piscopo

Il racconto della professoressa Grazia Piscopo, studiosa di cultura ebraica ed esoterismo

Venerdì 06 Gennaio 2023, 13:05

Dalla professoressa Grazia Piscopo, studiosa di cultura ebraica ed esoterismo riceviamo e pubblichiamo la seguente storia sul castello federiciano di Brindisi.

«Si racconta che a Brindisi in via dei Mille 4, dove troneggia il castello federiciano, qualche anno fa sia balzata agli onori delle cronache verbali una strana storia. La città di Brindisi, antico nome messapico da “Brentesion” e poi “Brundisium” romano cioè testa di cervo per la caratteristica conformazione portuale articolata in due bracci, dopo alterne vicende storiche fra luci e ombre, riesce ad assurgere a fausta gloria dal 10 settembre 1943 all’11 febbraio 1944, diventando persino capitale d’Italia, ospitando nel suo meraviglioso castello il re Vittorio Emanuele III.

Lo stesso castello, che guarda da un lato il mare e dall’altro la parte interna della città, è oggi sede del Comando della Brigata Marina San Marco che ne cura la manutenzione e la attenta conservazione.

È quindi sempre il suddetto castello il perno intorno a cui ruotano quasi tutte le singolari vicende brindisine di cui ora mi accingerò a raccontarne una che se non la più importante, sicuramente la più strana, al limite di un paranormale che solo nell’occulto può essere letto e spiegato.

Nel 1978 un militare di leva, che chiamerò Antonio per tutelarne l’anonimato, era intento a svolgere servizio al controllo delle camerate, chiamato in gergo marinaresco “scolta alle camerate”. Il suo servizio, al primo piano del castello federiciano a cui si perveniva da alte, consumate scalinate, andava dalle ore 24 alle 4 di mattina. La notte, anche se fuori dalle spesse mura medioevali, era intiepidita dalla primavera, dentro invece si proiettava lunga e umida e il suo penetrante fastidio gli faceva stringere le spalle sotto la divisa. La sua scrivania era posta in un androne fra i bracci di due camerate lunghe per ciascuna circa 30 metri, in fondo alle quali erano posti i servizi igienici.

Tutti dormivano profondamente in quella strana notte, ristorati da tenue luci blu notturne. Antonio per non dormire lui stesso, si costringe a completare vecchie parole crociate poste nel cassetto. All’improvviso da sotto la porta della camerata alla sua destra, vede filtrare una intensa luce bianca. Svelto si alza per apostrofare quell’incauto marinaio reo di aver acceso il neon dello stanzone in cui riposavano tutti gli altri. Ma aprendo la porta si accorge che la luce bianca perveniva da più lontano, cioè oltre i 30 metri, dietro la porta dei locali igienici. Osserva, interdetto, che la luce diventa una diafana immagine circolare ruotante intorno a un centro immaginario. Paralizzato nei movimenti mentre le sue sinapsi scoppiavano, segue la trasformazione da ruotante punto fisso a autonomo cerchio di luce che staccandosi dalla porta, gli viene incontro veloce.

La retina del malcapitato cattura, in una frazione di secondo, l’immagine che trasuda dalla luce in una slanciata e bellissima figura femminile in diafano abito lungo di foggia medioevale. I capelli lunghi e biondi le cadevano morbidi sulle spalle e i suoi piedi scivolavano distanti dal pavimento. Per un solo attimo gli occhi si incontrano e con una smorfia di dolore, il triste ectoplasma urla uno straziante lamento senza voce, subito persa, di una eco di molti secoli addietro.

Nel 1227, secondo le Cronache di Riccardo di San Germano, viene costruito a Brindisi un castello a pianta trapezioidale, impiegando materiali di antiche costruzioni romane, soprattutto lapidi, per unico volere di Federico Ruggero di Hoheustaufen, re di Sicilia, re dei Romani, re di Gerusalemme e imperatore del Sacro Romano Impero, cioè per volere di Federico II di Svevia. Il suo alto lignaggio gli proveniva, per parte di madre, Costanza, dai normanni di Altavilla, fondatori del Regno di Sicilia, e per parte di padre, Enrico VI, figlio lui stesso di Federico il Barbarossa. A soli 4 anni, orfano ormai sia di padre che di madre, Federico si ritrova sulla testa la pesantissima corona di Sicilia, poi quella di Italia e di Germania. Sotto la tutela di papa Innocenzo III, che lo avrebbe voluto alfiere indefesso delle sue crociate, si rese subito emancipato, autonomamente risoluto nella diffusione anticonvenzionale di ogni tipo di cultura, eclettico anche nelle arti esoteriche e, ahimè, follemente libertino.

Pertanto la corte siciliana divenne sotto la sua reggenza, crocevia internazionale fondamentale per varie culture di madre lingua, greca, latina, francese, germanica, araba ed ebraica. Ebbe mogli importanti, Costanza di Aragona, Iolanda di Brienne, Isabella di Inghilterra e per ultimo, sembra sposata “in articulo mortis”, Bianca Lancia. Numerosissime sono le amanti, concubine riconosciute e figli naturali, avvezzo come era a soddisfare, fra una guerra e l’altra, il suo godereccio narcisismo. Pertanto i matrimoni erano esclusivamente asserviti, per protocollo imperiale, a una spietata logica di acquisizioni territoriali e di equilibrio geo-politico. Tutti, tranne uno: quello di Bianca Lancia.

Conosciuta per caso in Lombardia se ne innamorò subito perdutamente, ricambiato, quando Bianca era appena tredicenne, bionda e bellissima. Sentimento totale, folle, morboso. Per lei scrisse le più belle poesie d’amore, dedicandole ogni attimo del suo tempo. Un amore stigmatizzato da una gelosia malata e innaturale per una giovane donna, quasi proprietà indiscussa, custodita come pietra preziosa, per amore, nei vari castelli pugliesi. E nel castello di Gioia del Colle, mentre era gravida di Manfredi, che sarebbe diventato ultimo re svevo, fu vittima di gelosie sfrenate da parte di malevole cortigiane che la accusarono di adulterio. Si racconta che Bianca, dopo il parto, si sia suicidata distrutta dal dolore, inviando al suo amato i suoi seni recisi e suo figlio, somigliante al re persino nel leggero strabismo.

Si dice che ancora adesso, fra gli svevi 111 castelli fra Basilicata e Puglia, si senta lo straziante lamento di una donna innamorata che grida al suo amato, disperatamente cercandolo, la propria innocenza».

P. S. Il fatto in questione anche in riferimento alla persona del militare, scevro da qualsiasi alterazione psicofisica, è rimasto, per motivi di chiara riservatezza, ad unico appannaggio delle ristrette cronache interne militari.

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