BRINDISI - Proprio non ci voleva. Il 2023 è appena entrato e già i problemi diventano gravi per l’agricoltura brindisina: il carciofo, produzione leader in queste contrade, da «re» che era è stato spodestato e lo scenario diventa sempre più fosco a causa della congiuntura decisamente avversa. «Crescono i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari con aumenti record del 25,1% in un anno per le verdure, mentre la frutta cresce del 6,5%, ma è crisi profonda nei campi dove bisogna vendere 7 chili di carciofi per comperare un caffè» è stata la denuncia di queste ore di Coldiretti Puglia, che subito mette in evidenza come il prezzo dei carciofi sia in caduta libera in campagna in Puglia, «con prezzi inaccettabili fino a 18 centesimi per un mercato freddo, sporcato al contempo dalle importazioni massicce di prodotto estero da Tunisia ed Egitto, mentre le imprese agricole sono strozzate tra l’altro dall’aumento esponenziale degli alti costi di produzione».
E nella Puglia il Brindisino è il caso forse più grave. «Inaccettabile il crollo dei prezzi di oltre il 70% per il carciofo violetto di Brindisi, il francesino, un prodotto pregiato che oggi vede le quotazioni a picco fino a 0,18 euro, anche per la concorrenza spietata delle importazioni selvagge dall’estero di prodotto di dubbia qualità da Tunisia ed Egitto - denuncia il presidente di Coldiretti Brindisi, Filippo De Miccolis Angelini -. Il prodotto di pregio già in questa prima decade di gennaio, per non buttarlo, sta finendo all’industria di trasformazione. Una situazione inaccettabile in uno scenario di crisi che andrebbe affrontata con maggiore serietà senza speculare sugli anelli più deboli della filiera, gli agricoltori e i consumatori»,
Coldiretti Puglia dice che «lo scenario è aggravato dal clima pazzo che mette a repentaglio la produzione, con gli agricoltori che devono salvare il prodotto dal clima umido e dallo scirocco, con le temperature sopra la media stagionale». E non si parla di prodotti di poco conto, perchè in Puglia si producono 1.245.400 quintali di carciofi «di cui 475mila solo nella provincia di Brindisi, una delle aree vocate soprattutto in materia di carciofi di pregio, tanto da essersi assicurata il riconoscimento comunitario della IGP (indicazione Geografica Protetta) per il carciofo brindisino».
Una produzione che ha meritato addirittura una voce sulla Enciclopedia Treccani e che, patrimonio non solo economico, ma culturale, merita adeguata protezione. «Carciofo Brindisino IGP», leggiamo. Quindi: «Indicazione geografica protetta dell’ortaggio fresco della specie Cynara cardunculus sottospecie Scolymus (L.), riferibile all'ecotipo Carciofo Brindisino, prodotto in alcuni comuni della provincia di Brindisi, nella regione Puglia. Il prodotto ha una stagionalità precoce e presenta capolini di forma cilindrica con foglie esterne di colore verde-violaceo e interne di colore bianco-verdastro».
E Coldiretti spiega: «Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben 1/3 del totale circa (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo il Crea. In agricoltura si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio. Va riposta una particolare attenzione - si prosegue - alla provenienza dei prodotti acquistati con un deciso orientamento a sostenere gli acquisti di prodotti Made in Puglia per aiutare lavoro ed economia».
E allora: «Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione i per salvare aziende e stalle», conclude Coldiretti Puglia, sollecitando la necessità di «lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni».
La cosa che indigna è che, la vicenda del carciofo brindisino non è un fulmine a ciel sereno. A metà luglio scorso, la Cia Puglia, nell’incontrare il prefetto di Brindisi, Carolina Bellantoni, aveva prodotto un articolato dossier, nel quale fra l’altro, un apposito capitolo era dedicato al «carciofo brindisino» e si prospettava come impensabile che, proprio qui, dovesse registrarsi l’importazione di carciofi provenienti dall'Egitto… «L’arrivo sui mercati del Brindisino dei carciofi dall’Egitto è ormai un problema atavico», ribadì in quella sede il vice presidente vicario regionale Giannicola D’Amico.
«Servono controlli per limitare tutto ciò perché si tratta di vera e propria concorrenza sleale tutta a danno dei produttori brindisini ed anche dei consumatori - aggiunse -. I prezzi riconosciuti ai produttori agricoli brindisini molto spesso non coprono nemmeno le spese di coltivazione e raccolta. Cosa diversa per il prodotto che arriva dall’Egitto dove la manodopera ha un costo nettamente inferiore. Stessa cosa avviene per esempio per l’uva da tavola prodotta in Egitto e che arriva sul mercato europeo ed italiano - ricordò -. Produrre al di sotto dei costi di produzione non è possibile, così come non lo è produrre a “costi italiani” e svendere a prezzi internazionali le produzioni ottenute, stando attenti a rispettare i contratti di lavoro, le norme sulla sicurezza e le regole per garantire la salubrità dei prodotti. Vi sono, infatti, delle disparità in ambito europeo ed extra europeo rispetto all’uso dei fitofarmaci che attualmente favoriscono l’agricoltura di alcuni Paesi e tutto a danno degli altri, tra cui l’Italia. Ci sono nazioni, che - concluse D’Amico -, incuranti delle conseguenze sull’ambiente, utilizzano la chimica per acquisire un vantaggio competitivo e migliori condizioni produttive rispetto a chi non può usare certi prodotti».