Il caso

Barletta, «Una strada a Ramelli»: insorgono partiti e comitati

Adriano Antonucci

Mele (FdI): condanna di ogni forma di violenza. La replica: scelta inappropriata

BARLETTA - La consigliera comunale Stella Mele (FdI) propone di intitolare una via a Sergio Ramelli, ma c’è il «no» di 33 tra sigle di partito, associazioni e comitati. Tra i punti all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale di martedì ci sarà anche la proposta della consigliera meloniana di intitolare una via cittadina allo studente dell’Itis Molinari di Milano e militante del Fronte della Gioventù, ucciso nel 1975 da un gruppo legato ad Avanguardia operaia in seguito a tensioni scaturite da un suo tema scolastico in cui condannava la violenza delle Brigate Rosse.

La proposta di Mele ha scatenato polemiche portando 33 tra sigle di partito, associazioni e comitati a redigere un documento finalizzato ad esprimere il proprio dissenso. «Con profonda preoccupazione - hanno affermato i sottoscrittori - apprendiamo della proposta della consigliera comunale di FdI di intitolare una via a Sergio Ramelli, una figura legata a un periodo buio della storia italiana, divenuta nel tempo un simbolo utilizzato da forze politiche che si richiamano apertamente alla destra eversiva e che quindi non merita di essere elevata a simbolo cittadino».

I firmatari hanno definito questa scelta, «imposta da una maggioranza di centrodestra che sostiene un sindaco socialista, al quale chiediamo un sussulto di cultura politica e istituzionale», come «un oltraggio alla memoria di una città come Barletta che si fregia di due medaglie d’oro per la Resistenza e non può permettersi ambiguità rispetto ai valori antifascisti sanciti dalla Costituzione». «Per onorare la memoria di quanti morirono quando l’odio politico armava le piazze e rubava la vita a giovani - hanno aggiunto i firmatari - sarebbe auspicabile evitare strumentalizzazioni ed aprire una profonda riflessione pubblica su quegli anni e su quanto sta accadendo ai nostri giorni». Infine, l’invito all’amministrazione comunale «a riconsiderare questa decisione, e a concentrarsi sui veri problemi della città, che necessita di soluzioni concrete, condivise e di risposte alle numerose problematiche che la comunità sta evidenziando in questo, difficile, periodo storico».

La risposta della Mele non si è fatta attendere. «Per quanto non mi stupisca - ha affermato - trovo surreale la polemica che si sta scatenando sull’intenzione dell’amministrazione di dedicare uno spazio a Ramelli». Nella sua riflessione, Mele ha sottolineato come Ramelli non fosse «un pericoloso fascista», ma «uno studente che aveva fatto un tema nel quale aveva denunciato la violenza delle Brigate Rosse» e per questo motivo «fu processato a scuola con la complicità dei professori, pestato di botte e costretto a cambiare scuola». «Dopo il cambio di istituto - ha aggiunto - lo studente fu oggetto di scritte e telefonate intimidatorie, ed infine ucciso a colpi di chiave inglese sotto casa sua. Sergio non morì subito, ma rimase per 47 giorni in coma».

La meloniana ha poi ricordato come quello fosse il tempo «in cui si diceva che uccidere un fascista non è reato», evidenziando come oggi quel clima d’odio «sia terminato», ma «qualcuno vuole riportarlo in vita». «A Barletta - ha proseguito - c’è via Giacomo Matteotti. Matteotti aveva fatto un discorso alla Camera nel quale denunciava le violenze fasciste. Giustamente anche qui, come in ogni città, ci sono strade dedicate a lui». Quindi, per Mele «ricordare Ramelli, oggi, significa riaffermare con forza che nessuna idea politica può mai giustificare la violenza. Significa educare le nuove generazioni al rispetto del pluralismo, al valore della convivenza e della dignità umana. Ricordare Ramelli non significa schierarsi su un piano politico o ideologico, ma riconoscere il valore della memoria condivisa, della condanna senza ambiguità di ogni forma di violenza».

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