BARLETTA - La sentenza del Tribunale di Trani che ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” il maresciallo Giuseppe Mafale dal reato di concussione inizialmente contestatogli, poi qualificato dai giudici medesimi come induzione indebita, è divenuta irrevocabile il 12 novembre 2023.
Si è così conclusa una lunga vicenda giudiziaria che ha avuto la sua genesi in un esposto – querela del 10 febbraio 2018 sottoscritta da alcuni soci della Cooperativa edilizia Salvo d’Acquisto - composta da appartenenti alle Forze dell’Ordine, carabinieri e poliziotti- e l’immediato prosieguo in denunzie formalizzate da Paolicelli Carmelo, rappresentante legale dell’impresa edile omonima cui la Cooperativa aveva affidato i lavori per la realizzazione degli alloggi sociali in zona 167 a Barletta. «La prospettazione accusatoria lo ri - racconta l’avvocato di Mafale, Carmine Di Paola - ricordo, si esprimeva nel senso che Giuseppe Mafale, incaricato di pubblico servizio perché presidente della Cooperativa edilizia S. d’Acquisto, avrebbe costretto o indotto Paolicelli, amministratore di fatto dell’impresa Edil Paolicelli, a consegnargli indebitamente la somma di euro 220.000,00 quale contropartita per aver affidato all’impresa suddetta le opere di edificazione di due palazzine destinate ai soci. Per consentire al lettore di apprezzare appieno la sentenza assolutoria, che restituisce dignità ed onore ad un sottufficiale dell’Arma caratterizzato da un curriculum esemplare, è opportuno riportarne alcuni passaggi più significativi».
«L’istruttoria non ha restituito alcun elemento - prosegue il legale - probatorio o indiziario, indicativo della realizzazione da parte del Mafale di un comportamento violento o minaccioso cui abbia fatto seguito l’annullamento ovvero la considerevole limitazione del potere di autodeterminazione del soggetto. Dagli elementi di prova che rivengono dalle dichiarazioni dei testimoni tutti emerge l’assenza di un rapporto asimmetrico e di soggezione tra i due (Mafale Giuseppe e Paolicelli Nunzio) i quali invece, soprattutto nel periodo successivo al verificarsi della interruzione dei lavori (di costruzione della palazzina) hanno agito al fine di realizzare lo scopo comune di dare completa esecuzione al contratto di appalto. E’, dunque, attraverso la articolata istruttoria dibattimentale che il Tribunale giudicante ha acquisito contezza della infondatezza dell’accusa mossa ingenerosamente al mar. Mafale proprio da colleghi (dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato). I quali dovranno oggi pur dar conto della biasimevole iniziativa giudiziaria assunta. Appunto i testimoni – accusatori». «Il Tribunale esamina in prima battuta le dichiarazioni di Paolicelli Carmelo - continua Di Paola - mettendo in luce la palese mancanza di linearità del racconto, disarmonico ed incostante e definendo le sue parole lacunose, generiche ed imprecise. Ed argomenta di una nitida discrepanza tra quanto da lui affermato in sede dibattimentale e le inequivoche risultanze della perizia espletata . Il Tribunale quindi stigmatizza le affermazioni rese in udienza proprio da un teste, animato da un accesso livore e da un marcato disprezzo nei confronti di Mafale Giuseppe. Senza parlar d’altro, chiude il Tribunale sul tema delle risultanze degli accertamenti patrimoniali operati sull’imputato. Sin qui la sentenza».« Sul piano umano - conclude - dopo la gioia per l’esito del processo, resta al mar. Mafale l’amarezza grande per la drammatica esperienza vissuta. Allontanato da Barletta, dal suo ambiente di lavoro -va dato atto ai vertici dell’Arma di non aver adottato provvedimenti di sospensione dal servizio- fatto oggetto dei pettegolezzi più miserevoli, bloccato nella carriera. Sulla scorta di quello che il mio cliente ha avvertito come complotto ordito ai suoi danni e, comunque, tale in itinere concretizzatosi grazie alla sollecitudine di un collega che voleva mettergli le manette e che evocava la collaborazione, ovviamente per fini di giustizia, di un altro «maresciallo che è peggio di un generale».