Quella della Regione non è stata solo un’operazione di risanamento, ma l’inizio di una «rivoluzione» destinata a modificare radicalmente l’intero assetto del servizio idrico in Basilicata. Acquedotto lucano (Al) si rialza dal pantano delle difficoltà economico-finanziarie - dovute essenzialmente al caro energia che ha impattato in maniera devastante sui conti (nel 2022, a fronte di 24 milioni di euro annui derivanti dalle tariffe c’è stata una spesa per l’energia pari a 55 milioni) - e s’incammina sul percorso che la porterà a colmare il «water divide», il gap esistente anche in questo settore tra Nord e Sud.
Il piano di risanamento e rilancio, insomma, rappresenta un vero e proprio piano industriale (per la prima volta, dopo 20 anni, Al adotta uno strumento di tale complessità) finalizzato a rendere più efficiente, moderna e capillare la gestione di un bene prezioso qual è l’acqua. Ne parliamo con l’amministratore unico di Acquedotto lucano, Alfonso Andretta, reduce dall’approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2022 con un utile di oltre 120 mila euro ed un netto miglioramento delle performance economico finanziarie rispetto all’anno precedente.
Un risultato impensabile se consideriamo che nel precedente bilancio c’era un disavanzo di 2,2 milioni. Acquedotto lucano ha rischiato seriamente di incorrere in uno stato di crisi aziendale...
«È vero. Siamo stati schiacciati dall’incremento esponenziale dei costi dell’energia elettrica. Grazie al fondamentale apporto economico garantito dalla Regione (per il contenimento delle bollette, in aggiunta al contributo annuo di circa 20 milioni di euro, nel bilancio pluriennale di previsione 2023-2025 il governo lucano ha riconosciuto un contributo una tantum di ulteriori 15,5 milioni), non solo siamo riusciti a mettere al riparo quella che è una azienda pubblica strategica per la Basilicata, senza aumentare le tariffe su preciso input del presidente Bardi, ma anche ad avviare un cambiamento all’insegna dell’innovazione».
Sono arrivati fondi aggiuntivi, ma il caro energia subìto nel 2022 incombe ancora. Non c’è il rischio che possa tornare ad incidere sull’equilibrio finanziario?
«Abbiamo adottato alcune contromisure. Il management aziendale, con il supporto costante dell’advisor legale, l’avv. Francesco Marotta, dello Studio Ey, ha colto alcuni importanti risultati. In primis la fuoriuscita dal mercato di salvaguardia dell’energia elettrica, a partire dall’1 febbraio 2023, con un sostanziale dimezzamento della spesa energetica. Inoltre, da un lato abbiamo ottenuto un finanziamento della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (Csea) per 6,8 milioni di euro, e dall’altro siamo riusciti a definire piani di rientro dei debiti verso fornitori energetici il cui importo era giunto a livelli difficilmente sostenibili».
Dalle misure per risanare e «proteggere» i conti al futuro. Lei parlava di un processo di innovazione e di una strategia d’intervento. Ci spieghi.
«Nell’ambito dei progetti React-Eu e Pnrr, con una dotazione di 100 milioni di euro, interverremo per abbattere le perdite idriche che, complice uno schema dalle caratteristiche strutturali difficili, risultano eccessive. Ma gli investimenti che stiamo mettendo in campo non si limitano a garantire, per esempio, la sostituzione di vecchie tubazioni. Impatteranno sull’intero sistema di gestione della rete».
In che modo?
«La strategia aziendale ha due pilastri: l’innovazione digitale e la transizione ecologica, con la riduzione dei consumi di energia e la fornitura elettrica sempre più agganciata a fonti rinnovabili e, sulla base di accordi che contiamo di chiudere in tempi brevi, acquistata a prezzi contenuti. Queste operazioni ci consentiranno, come richiesto dal Presidente Bardi, di ridurre le tariffe agli utenti. Puntiamo sul digitale, invece, con l’obiettivo di ricostruire su pc la rete idrica in quello che, in gergo tecnico, viene chiamato «digital twin» (gemello digitale)».
In pratica una rete virtuale. Ma per fare cosa?
«Significa avere tutto sotto controllo, poter intervenire in tempo reale su eventuali problematiche e organizzare al meglio la distribuzione di acqua contenendo anche la spesa energetica. La suddivisione della rete in distretti, inoltre, ci consentirà di operare chirurgicamente in caso di guasto, evitando di bloccare l’erogazione su interi paesi».
Questa forma di telecontrollo riguarderà anche i depuratori?
«Anche in questo caso stiamo lavorando con l’Assessorato ambiente della Regione per ottenere finanziamenti utili in tal senso. Abbiamo in tutto 179 depuratori che trattano scarichi civili, metà dei quali serve un bacino di utenti al di sotto di 2mila abitanti. Spesso gli impianti si trovano in zone complicate da raggiungere. Ecco perché ritengo che si tratti di un passaggio epocale: controllando il tutto a distanza potremo evitare lunghi viaggi, magari per interventi routinari come, ad esempio dosare il cloro per la disinfezione degli scarichi».
La rivoluzione digitale è già in atto?
«Sì, per il momento è focalizzata su diciotto comuni e, oltre a misure sul campo, stiamo acquisendo immagini aeree per capire con precisione dove passano le reti. Nel frattempo procederemo anche alla sostituzione dei contatori che saranno di nuova generazione. Cercheremo di concludere una prima campagna di sostituzione entro fine 2023. In questa fase saranno coinvolti Potenza, Matera, Melfi, Rionero e Lauria».
Per l’utente finale quale sarà il vantaggio?
«La possibilità di verificare il proprio consumo in tempo reale. Le fatture saranno estremamente precise e non più basate sul consumo presunto».
A volte c’è il rischio che le guerre si facciano senza soldati. Ha in organico le persone e le competenze giuste per portare a termine questa complessa innovazione?
«Gli importanti investimenti in atto e quelli programmati per il triennio 2023-2025 rendono indispensabile rafforzare l’organizzazione aziendale e rendere più corposa la presenza sul territorio degli addetti al servizio idrico integrato. Il piano di risanamento e rilancio, oltre ad un progetto di riorganizzazione aziendale, prevede l’assunzione di nuove unità che potranno garantire un miglior monitoraggio del territorio e maggiore tempestività negli interventi. Inoltre, consentirà di selezionare specifiche competenze professionali in grado di implementare i nuovi strumenti tecnologici per la gestione innovativa delle reti e degli impianti».
Al netto di concorsi e di nuove assunzioni, oggi qual è la situazione, in termini numerici, sul fronte del personale?
«Oggettivamente non buona. Nel 2017 l’azienda poteva contare su un organigramma di 400 addetti. Nel corso degli ultimi anni si è ridotto di ben 70 lavoratori, principalmente per effetto dei pensionamenti. Una riduzione che sarebbe stata addirittura più consistente se non fossero stati assorbiti 31 lavoratori provenienti dai Consorzi di bonifica, dal Consorzio industriale di Potenza e da Acqua Spa.
L’altro aspetto critico concerne l’età media del personale in servizio, che è pari a 56 anni. Si tratta di un valore che sale a 57 per il personale operativo e a 60 per gli operai specializzati, per cui le assunzioni di cui si è detto diventano necessarie anche per lavorare in sicurezza».