In un Bari che continua a oscillare tra risultati incoraggianti e una personalità ancora tutta da definire, il dibattito sull’identità della squadra di Fabio Caserta resta più aperto che mai. Tre vittorie e un pareggio nelle ultime quattro gare hanno dato ossigeno alla classifica, ma non hanno sciolto i dubbi su una formazione che, dopo dodici giornate, fatica a trovare una chiara direzione tecnico-tattica. Il 3-5-2 scelto dal mister nelle ultime uscite ha portato qualche equilibrio in più, ma ha evidenziato limiti strutturali in termini di gestione, continuità e tenuta mentale.
Per leggere con lucidità questo momento delicato, lo sguardo dell’ex attaccante biancorosso Antonio Soda.
Nonostante le difficoltà di gioco e di personalità, il Bari ha raccolto tre vittorie e un pareggio nelle ultime quattro gare. Secondo lei, questi risultati sono segnali di una crescita reale o frutto di episodi favorevoli?
«La B è difficile. Anche altre squadre cadono dopo tre vittorie di fila. Aspetterei per dire che il Bari sia guarito. La squadra è forte e arriverà il momento in cui saprà far rispettare il proprio blasone».
Caserta è ancora alla ricerca della “quadra”. Cosa manca per trovare finalmente un’identità riconoscibile?
«L’identità è fondamentale. Quando la squadra è organizzata, tutti sanno cosa fare. A questo punto, si può parlare di crescita e maturità per affrontare al meglio il campionato. Ci vuole ancore del tempo. La squadra è molto rinnovata. Anche l’anno scorso Caserta ebbe bisogno di tempo prima di ingranare. Serve il lavoro quotidiano per un percorso valido».
Il Bari ha scelto di recente il 3-5-2. Vantaggi e rischi di questo modulo?
«Dipende da come si interpreta e da cosa si vuole. Io l’ho adottato tante volte. Può essere un modulo molto offensivo. Ti da parecchio, soprattutto con i calciatori adeguati. Una impostazione non semplice, ma se capita può risultare molto efficace. La difesa va in crisi? Conta la qualità degli uomini a disposizione. Quelli del Bari mi sembrano buoni. Caserta la utilizzava anche a Catanzaro. E funzionava, per quanto all’inizio incontrò diverse difficoltà. Con un migliore palleggio, le cose andarono meglio».
Guardando l’attuale rendimento in campionato - 15º posto e 13 punti in 11 partite - pensa che si tratti di una posizione temporanea o del reale valore mostrato dalla squadra?
«È temporanea. In B ci sta. Qualche infortunio ha creato dei problemi. Il Bari non può restare in basso. Anche la società sa bene che le ambizioni della piazza sono altre».
Secondo la sua esperienza, un ruolino di marcia da “bassa classifica” può influire psicologicamente sul gruppo? E come si recupera autostima in un ambiente come Bari, sempre molto esigente?
«Solo lavorando in settimana e vincendo. Questo dà fiducia al gruppo, alla società e ai tifosi. Più partite vinci e più stai meglio mentalmente. Serve una serie di vittorie per andarsi a prendere il posto che si merita».
Ora parte un filotto di gare contro Frosinone, Empoli, Juve Stabia nel recupero e Pescara al San Nicola, quattro partite in 17 giorni. Qual è l’approccio migliore per non arrivare scarichi mentalmente e fisicamente a questo ciclo? Quale la gara chiave per capire le reali ambizioni del Bari?
«Il Bari non è da meno a nessuna di queste squadre. Vanno affrontate con la giusta concentrazione e fiducia. Se ne batti almeno un paio, è tanta roba. E l’identità la trovi subito. Credo che per riprendersi alla grande, bisogna uscire indenni da queste partite. Servirà per dare il là ad un campionato diverso».
A La Spezia si sono rivisti problemi di tenuta, personalità e gestione dei momenti cruciali. Quali sono gli indicatori più preoccupanti dal punto di vista tecnico-tattico?
«Ho visto la gara del Picco. Una partita che il Bari avrebbe potuto vincere. C’è ancora qualche problema da sistemare, anche a livello fisico e tattico. Serve ritrovarsi e uscire da questa situazione con l’unione di intenti, ambiente compreso».
Lei che ha guidato lo Spezia e conosce certe dinamiche, cosa serve davvero a una squadra come il Bari per fare il salto da gruppo incostante a squadra matura e competitiva?
«I problemi si risolvono col lavoro quotidiano e la fiducia dei tifosi attorno. Quando l’ambiente è ostile, i giocatori ne risentono. La pagano tutti e i risultati non arrivano. I risultati sono l’unica medicina per sanare le situazioni complicate».
Qual è la priorità assoluta su cui Caserta deve intervenire?
«La cartina di tornasole sono le vittorie. Quando le cose non vanno, bisogna lottare sino all’ultimo, non mollare mai su ogni pallone senza limitare il bel gioco».












