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Finti investimenti con società estere: a Bari sequestro da 6 milioni, 7 indagati per truffa e autoriciclaggio

 
Redazione online

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Finti investimenti con società estere: a Bari sequestro da 6 milioni, 7 indagati per truffa e autoriciclaggio

Le indagini, ancora in corso, sono state avviate a seguito di segnalazioni di operazioni sospette e dalla denuncia di due risparmiatori

Lunedì 14 Luglio 2025, 11:46

La Guardia di Finanza di Bari ha eseguito un decreto di sequestro per un valore complessivo di circa 6 milioni di euro nei confronti di sette persone e diverse società estere “schermo”. Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari su richiesta della Procura della Repubblica.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo e in concorso tra loro, di associazione per delinquere, abusivismo finanziario, autoriciclaggio (con caratteristiche transnazionali) e truffa aggravata. Le indagini, ancora in corso, sono state avviate a seguito di segnalazioni di operazioni sospette e dalla denuncia di due risparmiatori. Questi elementi hanno permesso al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari di individuare numerose operazioni anomale legate a ingenti trasferimenti di denaro verso conti esteri riconducibili al gruppo criminale.

Dalle indagini è emerso che i membri dell’associazione avrebbero raccolto in Italia, soprattutto nella provincia di Bari, ingenti somme da clienti attraverso la sottoscrizione, anche con raggiri, di contratti di investimento chiamati “Fixed Bond Term” o semplicemente “Bond”, garantendo interessi netti annuali medi del 6%. Questi strumenti erano intestati a una società inglese non autorizzata a operare in Italia. Il denaro raccolto veniva trasferito su conti esteri e in parte reinvestito in attività speculative, tra cui una sponsorizzazione da circa 250.000 euro a favore di una società calcistica lombarda.

Successivamente, alcuni degli indagati avrebbero proposto nuove forme di investimento, come “conto deposito” o “prestito societario”, con rendimenti annui tra il 3 e il 7%, offerte tramite società ungheresi, anch’esse senza autorizzazione per operare in Italia. Questi servizi venivano pubblicizzati online (Facebook e quotidiani regionali) e tramite uffici aperti a Bari.

Le indagini hanno inoltre confermato che né le persone né le società coinvolte risultano iscritte agli albi di vigilanza come quelli di Banca d’Italia o Consob, e che gran parte dell’organizzazione e pianificazione delle attività illecite si è svolta all’estero. Il carattere transnazionale dei reati ha reso necessaria la collaborazione internazionale per tracciare i flussi di denaro in diversi Paesi europei, come Repubblica Ceca, Polonia, Lituania, Ungheria, Regno Unito, Germania e Bulgaria, usati per nascondere l’origine illecita delle somme. Si precisa che gli indagati non sono ancora stati rinviati a giudizio né condannati per i reati contestati.

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