Sabato 06 Settembre 2025 | 06:02

«Soldi e sesso per passare esami», dopo la condanna a 5 anni l'Università sospende il professor Volpe. Lui: cadute le accuse di tipo sessuale

 
Isabella Maselli

Reporter:

Isabella Maselli

Bari, soldi e sesso a studentesse per superare gli esami: il professore Fabrizio Volpe condannato a 5 anni

Foto Facebook

Il procedimento disciplinare avviato nei confronti del docente di Diritto civile a seguito della sentenza di primo grado per induzione indebita

Domenica 11 Maggio 2025, 04:23

20:01

BARI - Il docente associato di diritto civile dell’Università di Bari Fabrizio Volpe è sospeso temporaneamente dall’insegnamento. La decisione, deliberata dal collegio di disciplina dall’Ateneo barese, fa seguito alla condanna di primo grado a cinque anni di reclusione inflitta al professore per aver costretto una studentessa a corrispondergli denaro o prestazioni sessuali per superare gli esami. Il docente in sede penale è stato anche condannato al risarcimento dei danni di immagine, con 30mila euro di provvisionale, all’Università. Nella sentenza, le cui motivazioni si conosceranno tra qualche giorno, i reati contestati sono stati in parte ridimensionati: le accuse di concussione e violenza sessuale risalenti al 2014-2015 sono state derubricate rispettivamente in induzione indebita (per la quale c’è stata condanna) e in tentata violenza (dichiarata prescritta). Il procedimento penale si è concluso, ancora solo in primo grado, a più di un decennio dai fatti contestati e a questo ha fatto seguito quello amministrativo disciplinare. Il professor Volpe ha sempre respinto le accuse, ribadendo la correttezza dei suoi comportamenti.

Stando alle indagini coordinate dalla Procura di Bari, Volpe avrebbe costretto «in più occasioni» una studentessa 23enne a subire atti sessuali nel suo studio professionale privato e poi, dopo averle chiesto «espressamente di avere rapporti sessuali altrimenti non avrebbe di fatto potuto continuare gli studi», e aver ottenuto il diniego della ragazza, si sarebbe fatto promettere la somma di 500 euro ad esame. Per superare quello di diritto civile, «dopo aver tentato nuovamente di abusare sessualmente della ragazza», si sarebbe fatto consegnare 1.000 euro in contanti. Le richieste (qualificate dalla Procura come concussione ma dai giudici come induzione indebita) sarebbero avvenute «sotto la esplicita minaccia - si legge nell’imputazione - di impedirle la prosecuzione degli studi universitari o comunque di frapporre ostacoli al suo corretto svolgimento, in quanto persona influente in ambito universitario, in grado di condizionare in positivo e in negativo, grazie alla sua posizione accademica e alle conoscenze dirette con diversi altri docenti, il buon esito degli ulteriori esami che la ragazza avrebbe sostenuto».

La presunta vittima aveva da tempo revocato la propria costituzione di parte civile, ma il docente è stato condannato a risarcire il danno di immagine all’Università. Dopo il deposito delle motivazioni, la difesa potrà proporre appello. Potrebbe anche valutare di impugnare al Tar il provvedimento amministrativo di sospensione (come ha già fatta in passato per un altro provvedimento adottato dall’Università nei suoi confronti, finendo per essere reintegrato), deciso in via cautelativa dall’Ateneo in attesa che si definisca la vicenda penale.

VOLPE: «CADUTE NEI MIEI CONFRONTI LE ACCUSE DI TIPO SESSUALE»

«Mi preme rilevare che l’articolo pubblicato riporta notizie non corrette perché il dispositivo pubblicato dal Tribunale di Bari in data 6 febbraio 2024 riporta di una condanna (non definitiva) per induzione indebita». E' quanto dice in una nota il professor Fabrizio Volpe.
«Il contenuto dell’articolo è sbagliato giuridicamente perché il concetto di “costrizione” (l’articolo in oggetto parla “aver costretto”) è legato al reato di concussione, ipotesi che non mi riguarda perché è stata accertata la mia estraneità a questi fatti. Risultano, quindi, cadute le accuse di concussione e violenza sessuale inizialmente contestate dalla Procura per richiesta “di sesso e soldi”. La parola sesso deve sparire dall’articolo perché il tribunale nella sentenza di primo grado ha accertato la mia estraneità rispetto alle richieste di tal tipo». L'articolo faceva riferimento, appunto, alle imputazioni della Procura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)