BARI - «Il commercio di prossimità è in una tumultuosa fase di cambiamento. Inutile negarlo, è sotto gli occhi di tutti. A Bari e provincia sta succedendo quello che in altre grandi città è già in una fase più avanzata: i piccoli negozi di quartiere chiudono, per far spazio a nuove imprese in gran parte legate al food. E' una trasformazione che risponde alle sollecitazioni dell'onda turistica che stiamo vivendo».
Raffaella Altamura presidente Confesercenti Bari è tra quanti da qualche anno a questa parte stanno cercando di sostenere l'economia di prossimità. La sua è una visione di insieme, di chi quotidianamente raccoglie le istanze che arrivano dal basso, da quei piccoli imprenditori costantemente sull'orlo tra il gettare la spugna, o cambiare pelle.
«La crisi commerciale a Bari è un processo che arriva da lontano, acuita dal Covid ed esplosa nell'immediata post pandemia. Ha colpito molto l'immaginario perché l'anima barese è sempre stata il commercio, ma ripeto, rientra in un fenomeno che sta coinvolgendo tutte le aree metropolitane. Secondo gli ultimi dati Istat riferiti al periodo Pasqua 2023- Pasqua 2024 il piccolo commercio ha registrato un -2% nelle vendite. E non sta male solo il negozio di prossimità, ma anche la grande distribuzione e i centri commerciali, che pure per molti anni sono stati attrattori di clientela».
Quali sono i settori che stanno sparendo?
«Se parliamo di ambiti commerciali le mercerie sono un esempio lampante. Non se ne trovano più. Ormai la maglieria fatta in casa, aggiustare un orlo, il ricamo, sono attività che nessuno più fa, togliendo linfa utile a questi negozi che di conseguenza non reggono. A Bari negozi di lunga tradizione che vendevano filati sono scomparsi, mentre ancora ce la fanno punti vendita che sanno integrare il servizio di accompagnamento. Non solo vendita di gomitoli, per intenderci, ma anche corsi per insegnare a far la maglia. Funziona il connubio vendita-servizio. E a fronte di chi muore, c'è chi si rinforza, come il fenomeno delle vendite dell'abbigliamento usato. Sull'onda del concetto di riciclo e sostenibilità, crescono i negozi che propongono abbigliamento e accessori di seconda mano».
E' questo allora il segreto per riuscire a reggere, ampliare l'offerta?
«Direi differenziarla. Sì, arricchirla di servizi. Stanno chiudendo negozi storici perché le famiglie che gli hanno retti fino ad ora, non riescono a garantire un ricambio generazionale. I figli fanno altro, anche e soprattutto spinti dai genitori, che ormai sono scoraggiati. Questo trend purtroppo non si può fermare a mani nude, o con la sola buona volontà di pochi, ma si può gestire il cambiamento con le giuste politiche e risorse».
Il turismo è tra i fenomeni che stanno accelerando il cambio di passo nel sistema commerciale urbano, si rischia che la bolla esploda?
«Il concetto è quanto dicevo prima: bisogna saper guidare la trasformazione. Il turismo non sta cambiando solo il commercio, cambia le città. Le seconde case diventano B&b, modificando l'offerta degli affitti. Serve una politica che a livello nazionale prenda atto di queste trasformazione e con investimenti e strategie sappia gestire il tutto. Non si può lasciare le singole amministrazioni sole. Se spariscono i negozi di prossimità diventa un problema per la popolazione anziana, così come se non ci sono più case in affitto diventa un problema sociale».
Cosa si deve fare?
«Guardare ad esperienze e Paesi dove questi fenomeno sono già più avanti. Penso alla Francia o agli Stati Uniti. Si può lavorare su poli attrattivi, grandi mercati polifunzionali che sono sia contenitori turistici, sia di servizi ai residenti. E poi sulla formazione degli operatori commerciali. Abbiamo bisogno di giovani che credono nel commercio, pronti a raccogliere la sfida di un negozio di prossimità che diventa spazio integrato di servizi anche di assistenza. Il commercio di 30 anni fa è morto, ma questo non significa che non sia possibile una sostituzione meno dolorosa rispetto a quello che sta succedendo oggi. E in questa evoluzione le associazioni di categoria sono pronte a fare la loro parte. Il re del passato sarà anche morto, ma credo che ci sarà sempre un nuovo re».