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«La priorità è la cura dei bambini», il grido d'allarme a Bari

 
Flavio Campanella

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Flavio Campanella

«La priorità è la cura dei bambini», il grido d'allarme a Bari

Il professor Nicola Laforgia: «L'ospedale non può privarsi della Pediatria»

Sabato 23 Dicembre 2023, 09:07

Nicola Laforgia, ordinario di Pediatria e direttore di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale al Policlinico, è da un paio di mesi direttore del Dipartimento di Scienze e Chirurgie Pediatriche «pur non avendo mai lavorato al Pediatrico», ha sostenuto qualche politico.

Professore, al suo posto si voleva forse un ospedaliero?

«Mi piace informare che ho avuto l’onore e il piacere di lavorare per due anni al Giovanni XXIII, in Pronto Soccorso, un periodo estremamente formativo e che ricordo con grande riconoscenza e nostalgia, ero anche giovane. Fa parte della mia storia professionale e lì ci sono professioniste e professionisti bravissimi e tanti amici. Detto questo, io sono pediatra da 36 anni e sono a disposizione per confrontarmi con tutti per costruire percorsi per neonati, bambini e famiglie. La distinzione tra universitari e ospedalieri non ha senso alcuno. La distinzione magari è tra chi ha a cuore il sistema pubblico e spende la sua attività in ospedale, nella formazione e nella ricerca e chi ha invece altri interessi».

C’è il tema della scissione fra il Policlinico e il Pediatrico. Al di là degli aspetti meno interessanti per gli utenti, gioverebbe ai pazienti una separazione?

«Alle famiglie serve infatti sapere dove trovare risposte alle problematiche di salute di neonati e bambini, dove recarsi per le loro cure, non se Policlinico e Giovanni XXIII siano unica azienda o no. Non vi è alcun dubbio però che il Policlinico non può privarsi della Pediatria. Questo doveva saperlo chi ha voluto svuotare il Policlinico di competenze pediatriche imprescindibili e che oggi vedono bambini, operati per problematiche super specialistiche varie, ricoverati al Policlinico in reparti di adulti, in dispregio di qualsiasi linea guida nazionale e internazionale. Chi ha letteralmente forzato una separazione, che non si è mai realizzata, creando inutili e dannose contrapposizioni, lo ha fatto senza alcuna programmazione, che doveva essere condivisa con chi, quotidianamente, lavora e conosce i problemi. Io non posso che ribadire che, come sempre è stato nella storia della nostra città, i pediatri che lavorano al Policlinico, dove ci sono le Uoc di Neonatologia e Tin, l’Oncologia Pediatrica e la Fibrosi cistica, e quelli che lavorano al Giovanni XXIII, insieme ai pediatri di famiglia, devono collaborare tra pari, avendo come obiettivo comune la salute dei bambini. Vanno costruiti percorsi sicuri ed efficaci. Le professionalità ci sono».

Il buco nero dell’Ospedaletto è la Cardiochirurgia, tanto che si è costretti ai viaggi in altre regioni. L’ultimo caso è quello della madre materana di due gemelli costretta ad andare al Bambin Gesù con un mezzo dell’Aeronautica. Come se ne esce?

«Il termine buco nero non lo userei, mai. Per diversi anni, grazie al lavoro multidisciplinare organizzato dal dottor Volpe e il suo gruppo, che è riferimento nazionale per la diagnosi prenatale, gestanti con feti cardiopatici hanno avuto assistenza pre e postnatale, evitando viaggi della speranza, grazie a colleghi sia ospedalieri sia universitari e anche a un’Uoc di Cardiochirurgia Pediatrica che assicurava gli interventi, in urgenza e in elezione. Lo abbiamo fatto a costo zero e con risultati che sono a disposizione di chi volesse conoscerli. Poi, questo percorso virtuoso, mai formalizzato da chi avrebbe dovuto farlo, è stato interrotto dalla decisione di chiudere la Cardiochirurgia, per motivazioni che non vanno chieste al sottoscritto».

Anche nelle altre unità operative non se la passano benissimo. Anzi. Ad esempio, l’associazione Agd Ba-Bat-Ta ieri in conferenza stampa ha ribadito la situazione al collasso dell’ambulatorio di diabetologia. Si può andare avanti così?

«Con l’associazione Agd, nel mio ruolo di direttore della scuola di specializzazione di Pediatria, abbiamo organizzato recentissimamente un proficuo incontro con i futuri pediatri proprio per sostenere la necessità di avere pediatri diabetologi, che la scuola può formare grazie alla rete formativa di cui il Giovanni XXIII è parte, a dimostrazione della concreta volontà di collaborazione da parte dell’Università. Andrebbe verificato se l’arruolamento e l’assegnazione, in previsione delle quiescenze, siano stati espletati per tempo, per prevenire gli inevitabili disagi che le famiglie lamentano, altrimenti si induce a pensare che certi percorsi non siano tra gli obiettivi».

Ha suscitato le reazioni dei pediatri un articolo recente della Gazzetta con il quale si evidenziava l’attuale minore richiamo della professione a causa delle problematiche che coinvolgono molti specialisti di varie branche. Non si mette in discussione la passione di laureandi e specializzandi, ma forse c’è qualcosa che non torna se si scappa dai presidi. Ci sono troppi carichi di lavoro? L’organizzazione non funziona, soprattutto nei piccoli ospedali?

«Chi ha studiato per tanti anni per diventare pediatra, un minimo di undici, tra laurea e specializzazione, credo sia pronto ad affrontare anche carichi di lavoro importanti, ma giustamente pretende di lavorare in strutture organizzate ed efficienti, dove le competenze e l’indubbia passione, alla base di percorsi così lunghi e impegnativi, possano essere adeguatamente sostenute e valorizzate. Il sottoscritto chiede da tempo un tavolo regionale per affrontare, tutti insieme, pediatri universitari, ospedalieri e di famiglia, le problematiche di domanda e offerta pediatrica in Puglia. Sto parlando di definire le unità operative, i posti letto, le piante organiche, la rete con il territorio, e cito solo macro-questioni, nel quadro di obiettivi condivisi che promuovano le eccellenze e contrastino la mobilità passiva, che non è solo spesa, ma disagio enorme per le persone. Speriamo che a breve si possa iniziare questo percorso che, per altri temi, ha trovato soluzioni efficaci, penso alla rete oncologica pediatrica o alla rete regionale di trasporto di emergenza neonatale con la ridefinizione delle Uoc di Neonatologia e Ostetricia, impropriamente definite punti nascita, per dare sicurezza a gestanti e neonati».

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