Il caso

Bari, adescata in chat e ricattata: «Ho dato le mie foto nuda per paura»

Isabella Maselli

Nel processo la testimonianza della vittima che all’epoca dei fatti aveva 14 anni

BARI - «Iniziava a farmi i complimenti e chiedeva delle mie foto dove ero nuda e dopo questa richiesta oscena decidevo di chiudere la chat bloccando il contatto su whatsapp. Pochi istanti dopo mi contattava via sms con la minaccia “mando il tuo numero a tutti i miei contatti” e promettendomi che se gli avessi mandato foto dove apparivo nuda non mi avrebbe più importunato». Sono 48 ore di paura quelle raccontate da una 14enne barese prima ad un amico di famiglia e poi messe nero su bianco in una denuncia che ha portato il presunto autore di quei comportamenti, un 32enne della provincia, alla sbarra per pornografia minorile.

La vicenda risale al luglio 2016, quando la presunta vittima aveva 14 anni e l’imputato ne aveva 25.

Tutto è cominciato quando la ragazzina sarebbe stata inserita in una chat, un gruppo Whatsapp, con numerosi contatti e con contenuti porno espliciti. Quando se n’è resa conto, lo avrebbe abbandonato. Qualche tempo dopo il 25enne l’avrebbe contattata spiegandole di aver memorizzato il suo numero di telefono da quella chat. Numero peraltro intestato al padre della adolescente. Subito le avrebbe chiesto una prima fotografia di nudo e poi altre quattro, «dicendole - si legge nell’imputazione - che altrimenti avrebbe reso noto il numero della sua utenza cellulare a tutti i suoi contatti». «Mandami una foto e poi ti lascio in pace» le avrebbe detto il giovane. La ragazza, per evitare conseguenze spiacevoli, avrebbe inviato la prima foto e poi le altre. Ci sarebbe cascata convinta di porre fine alla situazione accontentandolo. Quello, invece, sarebbe stato l’inizio di un incubo.

Dopo qualche ora di silenzio, infatti, il 25enne sarebbe tornato a farsi vivo. L’avrebbe ricontattata chiedendole questa volta di più: voleva un video in cui la ragazza di spogliava. La 14enne si sarebbe rifiutata ma il giovane l’avrebbe ripetutamente minacciata di diffondere le fotografie di lei nuda che aveva precedentemente ottenuto. La stessa minaccia che aveva già fatto usando come pretesto il numero di telefono e che aveva riproposto usando come merce di scambio la riservatezza sulle foto. «E così - sintetizza la pm Chiara Giordano nel capo d’imputazione - utilizzando la minore produceva materiale pedopornografico, di cui vi era concreto pericolo di diffusione, tenuto anche conto del mezzo con cui acquisiva le fotografie e del tenore delle minacce».

La 14enne a quel punto si sarebbe spaventata. Si sarebbe confidata prima con amici coetanei e poi ha deciso di raccontare tutto ai genitori, i quali hanno sporto denuncia. Non ci è voluto molto a identificare l’autore delle richieste e delle minacce, finito ora a processo.

Nell’ultima udienza celebrata dinanzi al Tribunale di Bari sono state acquisite le dichiarazioni della ragazza, oggi 21enne ma all’epoca studentessa di scuola media. È stata lei, qualche giorno dopo l’episodio, a formalizzare la denuncia ripercorrendo con grande lucidità tempi, modi, parole e documentando tutto quello che riferiva. «Come tutte le ragazze della mia età utilizzo uno smartphone per colloquiare con le mie amiche sia attraverso i canali convenzionali tipo le telefonate e sia per mezzo di chat con applicazioni tipo Whatsapp e Ask».

E proprio su Ask sarebbe avvenuto l’adescamento. «Mi veniva richiesto il mio numero di telefono - ha spiegato la ragazza - da un utente che io credevo amico di una mia amica, ma una volta entrata in questa chat constatavo che sia le frasi che le immagini pubblicate erano a sfondo sessuale». Uscire dal gruppo non è bastato, perché ormai il numero della ragazza era stato memorizzato. E così sarebbero iniziati i ricatti e le richieste di foto e poi anche di un video dietro minaccia di diffonderne online numero e immagini. «Chiedevo a questo sconosciuto di lasciarmi in pace e cancellare il mio numero», arrivando a dirgli che «lo avrei denunciato ma lui rispondeva che non aveva paura». Era mattina, piena estate, l’adolescente era in spiaggia e ad accorgersi che qualcosa non andava è stato un amico di famiglia. «Dopo aver notato che stavo piangendo mentre chattavo, mi si avvicinava e mi chiedeva il motivo di tale pianto». Ascoltato il racconto della ragazza, l’uomo ha chiamato lo sconosciuto molestatore e da quel momento la vittima non è più stata contattata né importunata.

La storia non è finita così. La ragazza ha deciso di denunciare e dopo più di sette anni la vicenda è finita in Tribunale. L’imputato risponde di pornografia minorile e contro di lui, nella prima udienza del processo, si sono costituite parti civili la presunta vittima, assistita dall’avvocato Piero Campanelli e l’associazione «Fermiconlemani» rappresentata dall’avvocato Serena Zicari. Si tornerà in aula il 7 dicembre per la discussione di accusa, parti civili e difesa e probabilmente in quella stessa data i giudici emetteranno la sentenza.

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