BARI - «È stata fatta una cosa come Totò Riina e hanno spettacolarizzato il tutto». Commentavano così alcuni infermieri dell’Istituto tumori le perquisizioni, subite a giugno 2021, nelle quali alcuni di loro furono trovati in possesso (a casa e nelle auto) di centinaia di farmaci e strumenti sanitari sottratti all’ospedale.
Nei prossimi giorni gli indagati (dieci, sei dei quali raggiunti da misure cautelari per peculato e autoriciclaggio) avvieranno una interlocuzione con l’azienda per risarcire i danni causati. Quando sono stati interrogati, davanti al gip, hanno in parte ammesso le accuse dicendosi subito pronti a restituire all’Oncologico il valore delle cose rubate da magazzini e armadietti.
Le misure cautelari riguardano due dipendenti ancora in servizio (ora sospesi): la caposala del reparto di oncologia medica, Maria Elisabeth Pompilio, interdetta per un anno e Onofrio Costanzo, operatore socio sanitario, sottoposto a obbligo di presentazione alla pg. Poi ci sono quattro infermieri in pensione per i quali è stato disposto il divieto di dimora a Bari: l’ex caposala Maria Longo e gli ex colleghi Basilio Damiani, Carlo Romito e Michele Antonacci.
A incastrarli, dopo la denuncia di una ex collega infermiera, sono stati non soltanto l’esito delle perquisizioni, ma soprattutto le intercettazioni telefoniche e ambientali e le immagini immortalate delle sei telecamere installate dagli investigatori dal 9 aprile al 7 giugno 2021 in altrettanti ambienti del reparto: la stanza della caposala, l’infermeria, la postazione di posta pneumatica, il corridoio, la cucina e il deposito.
In una intercettazione del 2 giugno 2021 (all’indomani delle perquisizioni) la caposala Pompilio ipotizzava che fossero state stanziate telecamere. Gli interlocutori fanno una riflessione: «Alla fine prendono sempre i pesci più piccoli, è stata fatta una cosa come Totò Riina».
Dalla lettura degli atti dell’inchiesta emergono poi nuovi particolari. Tra gli indagati c’è il compagno della caposala, Emanuele Fino, che è un dipendente del Policlinico. Stando agli accertamenti dei poliziotti del nucleo di pg, coordinati dal pm Ignazio Abbadessa con l’aggiunto Alessio Coccioli, l’uomo - conosciuto ai colleghi della compagna - in più di un’occasione sarebbe entrato nel reparto indisturbato, portando via la «spesa» di medicinali e altro che la donna aveva prelevato dal «supermercato» del reparto di oncologia medica. Materiale che - ritiene la Procura - veniva usato per l’attività privata di infermieri a domicilio «in nero». Un «giro» di cui avrebbero fatto parte anche colleghi in pensione. Antonacci, per esempio, è stato ripreso mentre «consegnava alla Pompilio e alla Longo, durante le “razzie”, frutta (nespole, ciliegie e uova) quasi fosse una forma di pagamento o comunque un modo per accattivarsi il consenso di coloro che in quel momento avrebbero dovuto impedire il furto».
Altro tema ricorrente è «la commercializzazione di test per il Covid 19». Damiani, per esempio, avrebbe proposto ai pazienti privati «i test che sottraeva dall’ospedale», avvertendo i «clienti» che «si tratta di una cosa riservata e della quale non deve parlarne con nessuno» e offrendo «quattro tamponi, per la somma complessiva di 100 euro».