BARI - «Young gun», giovani con la pistola. Sotto le ceneri di una pace mafiosa, turbata da scaramucce, «sparatine» e litigi isolati tra picciotti delle stesse famiglie malavitose cova il fuoco alimentato dalle ambizioni degli ultimi arrivati. La camorra barese sta ingrassando le fila, arruolando cadetti dalla fedina penale ancora immacolata (o quasi) ma già pronti a fare a gomitate. Linfa nuova, giovani virgulti cresciuti in provincia. Si profila all’orizzonte una nuova generazioni di ragazzi con la pistola. La periferia non basta più. Carbonara, Japigia, San Girolamo, Libertà, Enziteto, San Paolo non sono più serbatoi sufficienti.
La nuova identità della camorra barese ha una dimensione metropolitana, intreccio tra le famiglie del capoluogo ed i gruppi criminali che controllano il mercato dello spaccio e il racket delle estorsioni in provincia. La dimensione locale oramai va stretta agli Strisciuglio, ai Capriati, ai Parisi, ai Palermiti che voglio pensare in grande ed hanno già aperto le iscrizioni ai gruppi di fuoco. La selezione sta avvenendo in un territorio che comprende comuni come Triggiano, Modugno, Adelfia, Capurso, Cellammare, Valenzano, Bitritto, Casamassima, Acquaviva, Grumo, Palo.
Si sceglie chi ha delle referenze, dei precedenti pregiudizievoli (coinvolgimento in fatti di natura penale, che le forze dell’ordine annotano nella loro banca dati). Se la pax mafiosa, raggiunta attraverso una serie di taciti accordi a «non belligerare» è stata trovata nel comune interesse di concentrare ogni sforzo per «fare cassa» attraverso il mercato dello spaccio, le inchieste della Procura antimafia non si fermano. Il livello di allerta della Squadra mobile, diretta dal primo dirigente Filippo Portoghese, ad esempio si è innalzato in conseguenza di una serie di attività che hanno consentito di intercettare, bloccare e arrestare dei ragazzi della paranza di provincia, con precedenti di polizia, sempre più vicini, secondo le prime ipotesi investigative, a soggetti legati alle famiglie i camorra.
È il caso del 17enne indagato per aver preso parte, poco prima di ferragosto, alla rapina a mano armato (fucile a canne mozze e Beretta calibro 12) ai danni della farmacia Massari di Ceglie del Campo. L’arresto di Hekir Mecani, 22 anni, di nazionalità albanese, precedenti per rapina e reati di droga, autore del colpo, ha portato alla individuazione del complice 17enne componente della nuova leva della mala di Ceglie collegata a Luigi Guglielmi, 40 anni, già condannato come mandante di due agguati, vicino per vincoli di parentela al boss Giuseppe Mercante, detto «Pinuccio il drogato» morto per malattia, nel 2021. Si tratta di una nuova generazione di criminali che sta cercando di approfittare di quel vuoto di potere creato dalla caduta dei potenti Di Cosola, detti «strascinacuvert», un tempo, padroni indiscussi di Ceglie e di una fetta di Carbonara.
Sotto la lente di ingrandimento degli investigatori c’è ora anche il 24enne Thomas Cafarchia, altro figlio della provincia, residente ad Adelfia, con frequentazioni che lo collegano alla mala di Japigia (alla quale, è bene precisarlo, non risulta ufficialmente affiliato), finito in carcere la sera del 19 agosto con l’accusa di detenzione e porto abusivo di arma da sparo. I Falchi della Mobile, guidati dal vice questore Alessandro Lefemine lo hanno arrestato al termine di un inseguimento nel quartiere Madonnella, tra via Petrone e corso Sonnino. Cafarchia era armato con una pistola a salve, una Berretta P4, modificata, colpo in canna, pronta all’uso. Con lui altri due ragazzi su una moto di grossa cilindrata, i volti nascosti dentro caschi integrali. Il 24enne di Adelfia è finito contro un’auto, dopo essersi liberato della pistola, gli altri sono riusciti a dileguarsi. Gli investigatori hanno motivo di credere che il terzetto stesse per lanciarsi in una picchiata. Cafarchia era già nel mirino degli investigatori insieme ad altri ragazzi della stessa paranza, alcuni tra loro legati da vincoli di parentela. Quale sarà il loro destino?
La meglio gioventù di provincia sta sbarcando nel capoluogo. Nelle «famiglie» sta entrando gente nuova. La criminalità organizzata è difficile da classificare, non c'è una cupola ma, appunto, una serie di sodalizi per lo più a gestione familiare. Secondo gli analisti della Direzione investigativa antimafia si sta disegnando una nuova geografia criminale in cui è sempre più diffusa tra i clan la tendenza ad espandersi sul territorio extracittadino tanto da acquisire una dimensione «metropolitana-provinciale» che consente di esportare nell’hinterland le strategie già sperimentate con successo nel capoluogo. «Le dinamiche criminali in provincia - spiegano dalla Dia - rappresenterebbero l’immagine speculare degli assetti metropolitani e, sebbene si riscontrino lo stesso dinamismo e le stesse rivalità, talvolta in provincia i gruppi sarebbero in grado anche di convivere più pacificamente in ragione di una reciproca convenienza». Meglio fare la pace che la guerra, ne giovano gli affari e intanto le fila dei clan tornano ad ingrossarsi.