La storia oltre il buio

La rinascita di San Pio affidata ad una «bionda» con il birrificio sociale

Barbara Minafra

Decaro inaugura «Fuori orario»: una porta per il futuro. Qui gli ex bambini di Enziteto hanno voluto impegnare tutte le loro energie

«Mi viene da piangere ma non credo sia una brutta cosa: abbiamo aperto una porta verso il futuro. Questi giovani hanno deciso di credere in loro stessi e in un’opportunità di riscatto per la loro vita e per il quartiere dove vivono». Il sindaco di Bari Antonio Decaro, accolto da affetto e applausi, ha tagliato il nastro del Birrificio Sociale che ha aperto i battenti a San Pio con i fondi del Piano Urbis e ha abbracciato Ugo Caradonna, presidente della neonata associazione che gestirà «Fuori Orario».

Ha preso la parola visibilmente emozionato davanti alle centinaia di persone che hanno affollato l’ex scuola media Moro più volte vandalizzata negli ultimi 20 anni. «Questi ragazzi, che ho visto diventare uomini, hanno deciso di investire nel loro quartiere. Anni fa – ha detto Decaro - avevano occupato abusivamente un pezzo di questa ex palestra. Loro non si fidavano di me e io poco di loro, ma quel giorno abbiamo fatto un patto e, anche grazie all’Accademia del Cinema dei Ragazzi, abbiamo fatto tante cose. Qui non c’è solo il birrificio ma il regolamento dell’affidamento dei beni comuni ai cittadini che si impegnano per la comunità, c’è una serigrafia, il Piano Urbis con cui finanziamo le attività di associazioni, scuole e parrocchie. Qui c’è soprattutto un gruppo di ragazzi che ci hanno insegnato una cosa importante: il futuro non dipende dal luogo in cui nasciamo ma da ciò che vogliamo fare della nostra vita».

Il suo «Buona fortuna, sono orgoglioso di voi e dei tanti ragazzi che vivono a San Pio» è stato coperto dall’entusiasmo dei residenti, che subito dopo al bancone hanno assaggiato le 4 birre autoprodotte: Kieślowski (Keller-Pils), Fassbinder (Weiss), Lynch (Ipa) e Burton (Stout). «Abbiamo avuto l’aiuto dei mastro birrai del Bilabì, il pub-birrificio artigianale che ha chiuso causa Covid nel quartiere San Pasquale. Ci seguono e ci supportano per dare un buon prodotto. In fondo – racconta Ugo Caradonna - tutto è nato in quel locale, dalla curiosità di capire come nasce una birra artigianale mentre ne bevevamo una tra amici». All’inaugurazione, il 28enne non immaginava certo di essere intervistato, rincorso dalle televisioni né incoraggiato con tante strette di mani e sorrisi dalla gente che lo ha visto crescere tra le case popolari che ancora oggi, a 40 anni dalle prime palazzine, contano solo su un bar, con capolinea Amtab, una pizzeria e una panineria mobile. E’ presidente dell’associazione «Ragazzi di San Pio», sette giovani dai 25 ai 28 anni tutti alla prima esperienza imprenditoriale.

Accanto, sul palco dove subito dopo hanno suonato i The Rumblers seguiti dal dj set di Japanorama, Daniela Martino del circolo Arci «La stanza di Cesco» che li aiuterà a promuovere eventi culturali e musica live: «Volevo citare l’elogio alla follia di chi ha reso possibile quest’idea e ha prodotto passione, entusiasmo e il coinvolgimento delle tante persone che sono qui».

«L’Accademia del Cinema – ha detto Paola Romano, assessore comunale alle Politiche educative – è un luogo in cui crediamo fortemente. Abbiamo accompagnato gli ex adolescenti, poi ragazzi e ora giovani adulti nella partecipazione al bando Urbis che, investendo circa 3,6 milioni, sostiene le idee innovative di chi investe in un bisogno del quartiere. In questo caso, un luogo dove incontrarsi la sera che a San Pio non c’è. Questi ragazzi avevano proprio il sogno di creare un luogo di aggregazione e di fare esperienze lavorative. Hanno imparato a fare la birra, a bere responsabile, e presto gestiranno un contenitore culturale aperto a tutta la città con tanti eventi. L’economia sociale non solo dà lavoro ma crea speranze. Gli ex bambini di Enziteto hanno voluto impegnare le loro energie per soddisfare un bisogno di chi vive a San Pio. Ora l’obiettivo è portare qui la città».

Il presidente del Consiglio Comunale Michelangelo Cavone: «Questo è un quartiere che cerca il riscatto con molta fatica. Ci sono risultati che hanno un valore pratico e altri simbolico. Questo ha un grosso valore simbolico perché ci sono persone che vogliono riscattare una vita passata al buio, che cercano di portare alla luce i loro talenti, le passioni e lanciano un messaggio importante: ce la possiamo fare. Non è detto che bisogna vivere lo stigma di essere nati qui, si può cambiare. San Pio ha bisogno di servizi, infrastrutture, uno scambio con gli altri quartieri. Il problema vero è che è diventato un ghetto. Stiamo cercando di portare attività imprenditoriali e associative come queste. Ci sono altre realtà importanti come la parrocchia e la scuola ma non basta. Bisogna continuare a investire su questo territorio dal punto di vista infrastrutturale, ma soprattutto sociale».

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