L’ex consigliera comunale di Bari Francesca Ferri e il compagno Filippo Dentamaro chiedono di patteggiare la pena per la presunta corruzione elettorali delle amministrative del 2019 a Bari e a Valenzano: lei 2 anni e 8 mesi di reclusione, lui 3 anni. Per poterlo fare, però, propongono di escludere dalle contestazioni l’accusa di mafia.
Le due richieste di patteggiamento sono state depositate dai difensori dei due sulle scrivanie dei pm che hanno coordinato le indagini, a pochi giorni dall’udienza nella quale si discuterà il loro eventuale rinvio a giudizio.
A Francesca Ferri e Filippo Dentamaro, finiti in carcere il 26 ottobre 2022 e tuttora agli arresti domiciliari, i pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero contestano i reati di scambio elettorale politico mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, falso, traffico di influenze illecite, indebita percezione di erogazioni pubbliche e maltrattamenti. Nella proposta di patteggiamento i difensori di Dentamaro, gli avvocati Mario Malcangi e Carmelo Stefanelli, chiedono alla Procura di derubricare il reato di scambio elettorale politico mafioso (che da solo prevede una condanna minima di 10 anni di reclusione) in associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale (2 anni e 4 mesi con la concessione delle attenuanti generiche), a cui aggiungere gli altri reati in continuazione (tra i quali anche la detenzione di una pistola): pena finale, secondo i legali, 3 anni di reclusione, da scontare in lavori di pubblica utilità. I difensori di Ferri, gli avvocati Massimo Lubelli e Vincenzo Operamolla, per gli stessi reati (tranne l’arma), propongono un patteggiamento a 2 anni e 8 mesi di reclusione. Toccherà ora alla Procura valutare se le pene chieste sono congrue e, quindi, se approvare le proposte da portare poi al giudice per la ratifica.
Interrogato dopo l’arresto, Filippo Dentamaro dichiarò di «assumersi parte delle colpe attribuitemi», dicendosi «estremamente pentito di tutto per una serie di errori non commessi in malafede. Mi sono trovato in una situazione gravissima, ero vittima di usura». E sulla ex compagna Ferri disse: «Lei era molte volte vittima mia, perché io le chiedevo di racimolare soldi, perché entro quel giorno dovevo restituire della moneta, e anche per quanto riguarda il discorso elettorale lei in tantissime situazioni non era presente».
Il 12 maggio inizierà l’udienza preliminare nei confronti di 44 imputati. Oltre Ferri e Dentamaro, c’è l’ex consigliere regionale, imprenditore e presidente del Foggia Calcio Nicola Canonico. L’indagine, delegata a Carabinieri, Guardia di finanza, Digos e Squadra mobile della Polizia, si è articolata in due diversi filoni: quello criminale che ruota attorno al gruppo mafioso capeggiato a Valenzano dal boss Salvatore Buscemi, affiliato al clan Parisi di Japigia (con i delitti tipici della criminalità organizzata, traffico di droga, usura, estorsioni e riciclaggio) e quello sul voto di scambio nelle elezioni comunali di Bari del maggio 2019 e in quelle di Valenzano nel novembre dello stesso anno.
Per le elezioni di Bari il ruolo di «garante» del presunto sistema di voto di scambio sarebbe stato affidato a Canonico, che avrebbe ospitato a casa sua summit pre-elettorali per pianificare la strategia con la quale assicurare l’elezione, poi effettivamente riuscita, di Francesca Ferri. Con la complicità del compagno della donna, l’imprenditore Dentamaro, i tre avrebbero organizzato la selezione e il reclutamento di elettori, pagati dai 25 ai 50 euro, coinvolgendo sette «portatori di voti», cioè reclutatori di elettori, tutti indagati, incaricati di individuare e contattare il maggiore numero possibile di persone disposte a vendere il proprio voto.
La mafia si sarebbe poi affacciata nelle successive elezioni di Valenzano, Comune già precedentemente sciolto per mafia. La coppia Ferri-Dentamaro si sarebbe adoperata per pilotare l’esito delle amministrative procurando a candidati amici i «voti della malavita». Il clan del boss Buscemi avrebbe ottenuto in cambio la promessa di vantaggi, tra i quali la modifica del piano regolatore comunale per rendere edificabili terreni di sua proprietà.