BARI - La questione è ingombrante non soltanto perché i cittadini faticano a seguire le regole (prima di tutto del buon senso), visto che sono capaci di inondare le strade cittadine di sedie, materassi, mobili, elettrodomestici (e di vari altri materiali di risulta) o di riempire le nostre campagne di cumuli di immondizia, variamente impacchettata in sacchetti oppure accatastata più o meno alla rinfusa. Ma anche perché, i cassonetti intelligenti (annunciati) e le super spazzatrici (in funzione a partire dal quartiere Libertà) stridono con i risultati della raccolta differenziata (non avendo raggiunto il 65%, Bari è fra i comuni, insieme con Bitonto, Adelfia e Triggiano, che pagherà l’addizionale del 20% in più sul tributo di conferimento in discarica). In attesa della partenza del porta a porta anche in altri quartieri, a cominciare da Ceglie, Loseto e Carbonara (il presidente dell’Amiu ha annunciato recentemente che sarà servita tutta la cintura esterna della città, ma questo è stato detto più volte negli ultimi anni, anche in concomitanza con l’annuncio di nuove assunzioni), le conseguenze sulla Tari, la tassa sui rifiuti, rimangono e resteranno fino al 2026, dal momento che è questa la data indicata per il raggiungimento della soglia che consentirebbe un risparmio sull’ecotassa.
INDAGINE Il tributo, inutile negarlo, è percepito come un balzello, non perché arbitrario (è giusto che si paghi), ma perché ritenuto dai baresi troppo esoso rispetto al servizio garantito dall’Amiu. Più di due mesi fa (nell’edizione dell’8 febbraio) la Gazzetta ha pubblicato un report del Codacons di Bari sulle condizioni dei contenitori sparsi in città, da cui è emerso che sono quasi 400 quelli che meriterebbero di essere cambiati in un'area che va dal quartiere Libertà a Japigia e, verso l’interno, da Picone a San Pasquale, passando per Mungivacca. Sono state tralasciate dall’indagine soltanto le zone già coperte dal porta a porta (da Santo Spirito, Palese, Catino e San Pio a San Girolamo, Fesca e San Cataldo, dal San Paolo al Villaggio del lavoratore) e quelle che lo saranno tra poco (si spera). Come allora anticipato, l’associazione dei consumatori ha proseguito le verifiche nelle stesse aree e ultimato la seconda fase per capire, al di là delle condizioni in cui versano, se i cassonetti sono sufficienti per servire la popolazione residente.
CRITICITÀ Secondo quanto emerso, le criticità sono diffuse. «Abbiamo rilevato - afferma Dario Durso, referente del Codacons di Bari - l'assoluta inadeguatezza per il conferimento del vetro, dell'umido e della carta sia in quartieri popolosi, come il Libertà, (rispettivamente, 36, 34 e 38 cassonetti per una popolazione di 38.701 abitanti) sia in quelli maggiormente estesi, come Japigia (57, 49 e 97 cassonetti di materiale riciclabile, in un'area di 15,63 km quadrati). Ma anche altrove, ad esempio al Murat, dove, pur annoverando una quota di dimoranti meno consistente, c’è un numero considerevole di frequentatori esterni, fra commercianti, ristoratori, professionisti, studenti, ma anche turisti, avventori o semplici visitatori occasionali, che innalzano considerevolmente il numero delle presenze quotidiane, rendendo vieppiù insufficienti i presidi urbani per lo smaltimento, in particolare i cestini generici (solo 170 unità) e i cassonetti dell'indifferenziata (soltanto 147). Abbiamo inoltre constatato l'assenza, nella quasi totalità dei tratti viari battuti, di contenitori della differenziata per le pile esauste, per i farmaci scaduti e per le deiezioni animali, queste sconosciute, e la irrisorietà di quelli per i vestiti: soltanto 4 per ben 18.313 abitanti nel quartiere San Pasquale e 5 nell'intero rione Japigia, ognuno dei quali al servizio di circa 6mila residenti)».