Il caso
Bari, la maledizione di Punta Perotti: anche Andidero rischia il crac
Piano di concordato da 36 milioni dopo che la Procura di Bari ha chiesto il fallimento
BARI - Mentre la scorsa settimana il Tribunale dichiarava fallita la holding del gruppo Matarrese, un’altra importante dinastia di costruttori baresi ha giocato l’ultima carta per non affondare. Qualcuno potrebbe chiamarla la maledizione di Punta Perotti. Perché anche la famiglia Andidero, insieme ai Matarrese, ha partecipato alla costruzione dei palazzoni sul lungomare abbattuti nel 2006. E ora è chiamata a far fronte a oltre 35 milioni di debiti.
La strada prescelta è il concordato preventivo di gruppo, nuovo strumento introdotto dal Codice della crisi. È la prima volta in Puglia che viene tentata una simile soluzione: anche per questo, forse, il Tribunale di Bari non ha ancora sciolto la riserva sull’ammissibilità del ricorso. Per ora ha soltanto «congelato» le istanze di fallimento, a partire da quelle presentate nel 2022 dalla Procura di Bari (pm Lanfranco Marazia) nei confronti della Mabar (la società di Punta Perotti) e la Modoni Building.
Non è il primo tentativo di salvataggio che riguarda le società degli Andidero, ma è - appunto - l’ultima spiaggia. I nuovi consulenti subentrati a gennaio 2023 (i legali professor Vincenzo Chionna e Angelo Stessa, l’advisor Ezio Pellecchia, il notaio Marco Tarano) hanno fatto una corsa contro il tempo per rinunciare alle precedenti proposte di concordato (su cui la Procura aveva dato parere negativo) e predisporre il nuovo piano entro i 40 giorni residui. La strada resta però molto stretta.
A cavallo degli anni ‘80 e ‘90 gli Andidero sono stati molto attivi in tutta la Puglia, un pezzo di quella «Bari da bere» di cui hanno fatto parte diverse dinastie di costruttori oggi ridotte (quasi) ai minimi termini. Oltre che a Punta Perotti, gli Andidero hanno partecipato tra l’altro alla costruzione dello stadio «San Nicola», ma il loro nome è collegato indissolubilmente al Victor Village, marchio che a un certo punto appariva anche sulle maglie della pallavolo di serie A. Il tempo ha portato alla liquidazione di molti asset (ad esempio l’hotel Victor di Bari, passato alla Fondazione Puglia), e ha fatto emergere anche la storia di una truffa tentata da uno zio a danno dei parenti. Oggi il gruppo imprenditoriale, che mantiene interessi nell’edilizia, nell’immobiliare e nel turismo, fa capo alla vedova del fondatore Domenico «Mimì» Andidero (morto nel 2010) e ai due figli, Vittoria e Vittorio Andidero. Il nuovo assetto disegnato dai consulenti è incentrato su una capogruppo, Giada srl, che controlla le società Gafi e Modoni. Alla prima (Gafi) fanno capo una serie di altre società immobiliari tra cui Mabar, che con le altre tre è interessata dalla proposta di concordato in continuità.
Il fulcro del piano di salvataggio si chiama «Parco dei Trulli», il progetto per un megaresort a Polignano a Mare per il quale a dicembre scorso è arrivato un ok in linea tecnica da parte del Comune. Un intervento da 80mila metri cubi, che deve ancora ottenere il via libera definitivo al piano di lottizzazione, e che entrerebbe nell’orbita del gruppo spagnolo Melià. L’operazione è stata valutata 80 milioni, ma l’orizzonte temporale era (e resta) assolutamente incerto. Ma nel piano c’è anche il progetto (non ancora autorizzato) del nuovo Victor Village, a Ugento, su un’area di 25 ettari, da completare entro il 2028. E, di nuovo a Bari, l’ulteriore sviluppo immobiliare previsto nell’area di Sant’Anna, all’interno del piano particolareggiato noto come Costa Sud.
Il nodo - come detto - è rappresentato dall’incertezza sui tempi. Il progetto «Agape» di Polignano prevede la realizzazione di un resort cinque stelle da 300 camere e di un residence con 170 unità immobiliari, delocalizzati su una zona a monte rispetto alla statale 16 e all’area iniziale, quella che si affaccia sulla costa proprio accanto a Costa Ripagnola. L’iniziativa è bloccata da oltre 10 anni, ed è passata da un lungo contenzioso amministrativo: ora l’ipotesi è di costruire a monte e di cedere al Comune parte dei terreni a valle per la creazione del parco pubblico (con il recupero di 19 trulli) e di una spiaggia attrezzata, ma il via libera formale non è ancora arrivato e nessuno può garantire che arrivi.
Su tutto questo incombe l’ombra di Punta Perotti. La Mabar possiede 13mila metri quadrati, formalmente ancora edificabili (in piano regolatore) seppur soggetti ai vincoli ambientali che portarono a dichiarare abusiva (e ad abbattere) la lottizzazione di Punta Perotti. I costruttori ritengono che l’area possa e debba essere oggetto di valorizzazione, ma nessuno sa dire come: da anni si parla di spostare altrove le volumetrie previste sul lungomare di Bari, operazione che darebbe (restituirebbe) un valore ai suoli (privati) su cui oggi sorge un parco pubblico.
Il piano stima un passivo concordatario di 2,6 milioni per Giada, di 22,5 milioni per Gafi, di 4,5 milioni per Mabar e di 6,6 milioni per Modoni. In totale fa 36 milioni, debiti che - secondo la proposta - dovrebbero essere coperti quasi integralmente (anche per i chirografari) attraverso gli incassi prodotti dalle attività edificatorie e dalla cessione di alcuni cespiti. Spetta al Tribunale, però, stabilire se la proposta sia ammissibile, ed eventualmente saranno i creditori ad esprimersi. Ma anche la Procura dovrà dire la sua rispetto ad una situazione di crisi che, lo scorso anno, era stata considerata irrisolvibile per via della massa debitoria (soprattutto nei confronti del Fisco) e dei tempi incerti per la realizzazione degli attivi.