BARI - Una giovane infermiera in servizio all’ospedale Di Venere di Bari è stata aggredita ieri da una paziente che le ha lanciato il mouse del computer in faccia, l'ha presa a calci, inseguita e minacciata, fino a quando l'infermiera ha trovato rifugio in uno spogliatoio. Lo comunica l'Asl di Bari sottolineando che la paziente era arrivata con "una banale ferita al dito» e ha aggredito l’infermiera solo perché le ha spiegato «che i codici rossi più gravi hanno la precedenza rispetto agli altri». L’infermiera ha riportato un trauma contusivo escoriato degli arti inferiori per una prognosi di 7 giorni. Per il direttore generale dell’Asl, Antonio Sanguedolce, si tratta di una «violenza inaccettabile».
In attesa di ricevere la relazione dettagliata dal Pronto soccorso del Di Venere - spiega l’Asl - dalle prime testimonianze raccolte sul posto è emerso che a causare l'aggressione sia stata l’impazienza della donna arrivata al triage con una ferita al dito e per questo presa in carico come codice verde. L’utente ha inveito contro con la pretesa di essere medicata immediatamente. L’ha presa a calci lanciandole poi il mouse del computer in faccia. Non contenta, ha inseguito l'operatrice per il corridoio, continuando ad urlare, fino a costringerla a trovare riparo nello spogliatoio. La donna - prosegue l’Asl - ha approfittato della assenza della guardia giurata impegnata in quel momento in un altro reparto ed è stata portata di forza fuori dal triage del pronto soccorso, dove ha continuato a minacciare l’infermiera e gli altri sanitari, creando panico e caos in tutto il reparto. «Verificheremo anche - conclude Sanguedolce - se c'è stata interruzione di pubblico servizio per poi prendere i provvedimenti necessari».
IL COMMENTO DEL SINDACATO
«Quanto accaduto nella notte all’ospedale di Venere, con l’aggressione ad una infermiera (secondo episodio in pochi mesi), merita una risposta forte, determinata ed urgente da parte delle istituzioni responsabili». E' quanto afferma Ileana Remini, segretaria generale Fp Cgil Bari. «Nell’esprimere tutta la vicinanza e la solidarietà fattiva della Cgil alla lavoratrice - prosegue - chiediamo che venga al più presto attivato un tavolo di discussione non solo finalizzato al monitoraggio ed alla prevenzione di tali fenomeni ma alla loro definitiva scomparsa e questo sarà possibile solo attraverso un investimento vero sul personale, potenziando gli organici ma anche attraverso una reale riorganizzazione della rete di medicina territoriale al fine di diminuire l’afflusso costante nei pronto soccorso soprattutto in quelli più esposti come l’ospedale di Venere. In mancanza di risposte celeri la Cgil chiamerà i lavoratori alla mobilitazione».
«L'ultima aggressione subita dall’infermiera in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Di Venere di Bari oramai non fa più neanche notizia se non per la cronaca. E’ quotidiano ormai il ricorso degli utenti di molte strutture sanitarie alla violenza verbale e, purtroppo, anche fisica nei confronti dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori sanitari. Ne parliamo perché riteniamo di non dover cedere alla rassegnazione». Lo scrivono in una nota i sindacati medici pugliese Cgil, Smi, Snami, Simet e Ugs. «Dobbiamo rilevare - aggiungono - piuttosto le risposte costernate di chi ha responsabilità di programmazione, organizzazione e gestione delle strutture sanitarie che si limita alla diagnosi senza soluzioni capaci di incidere rispetto ai problemi della sanità che pure determinano atteggiamenti ostili dei pazienti quali la carenza di personale, la burocrazia le liste d’attesa che comportano tempi lunghi alle risposte di salute dei cittadini. Così come non vediamo opportuni provvedimenti nei confronti di chi aggredisce i sanitari come se il problema fossero questi e non la malattia».
«Chiediamo - concludono - al legislatore risposte adeguate al problema e ai prefetti di provvedere, per le proprie competenze, a tutelare tutti gli operatori della sanità. In mancanza di concrete iniziative comprendiamo la voglia di fuga dei medici ed operatori sanitari da questa sanità malata».