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«La Storia siamo noi»: il liceo Scacchi di Bari a lezione con Veltroni

 
Sebastiano Coletta

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Sebastiano Coletta

«La Storia siamo noi»: il liceo Scacchi di Bari a lezione con Veltroni

Incontro ieri con gli studenti sull’ultimo libro

Martedì 06 Dicembre 2022, 11:43

26 Marzo 2023, 16:29

La storia contemporanea non è fatta solo di date e documenti: sono anzitutto le persone a raccontarla con la propria esperienza e il proprio vissuto. Molto sentito l’incontro di Walter Veltroni, ieri mattina, con gli studenti del liceo scientifico «Arcangelo Scacchi», introdotto dalla dirigente Chiara Conte e moderato dalla professoressa Regina Sassanelli. Ore che sono letteralmente volate per la grande empatia che il giornalista, scrittore, regista e politico romano, ha dimostrato verso le ragazze e i ragazzi baresi, sviluppando un dialogo in parte inedito sui contenuti del suo ultimo libro, Storie che raccontano di noi(Solferino, pp. 384, euro 20). Una raccolta di interviste ed esperienze che spaziano dalla cronaca alla politica e al cinema, passando per il teatro. Al centro la consapevolezza del «noi», che, a detta dell’autore, dev’essere in armonia con l’ «io»: «Se il “noi” sovrasta l’ “io” – ha affermato - c’è il rischio di autoritarismo». E, certo, il periodo difficile che si vive non aiuta a rafforzare un ego fragile, che, come il celebre uomo raffigurato da Edvard Munch, grida tacitamente al mondo la propria inadeguatezza, il proprio disagio, la propria paura. Fragilità certamente alimentata anche da un uso non sempre opportuno dei social e dal ruolo «vitale» che questi hanno assunto nel periodo della pandemia. I social, si sa, riducono tutto ad algoritmo, a bianco o nero. Sono una risorsa utilissima e preziosa, ma non devono prendere il posto dell’uomo. Come ha simpaticamente ricordato Veltroni, i like di Facebook li avevano già inventati i romani, quando con il gesto del versus pollex (notoriamente un falso storico) decretavano la sorte del malcapitato di turno nelle arene. Alla base è sempre il concetto di libertà, che Veltroni considera un’eccezione nella storia. «Noi siamo abituati a vivere da uomini liberi, ma non dobbiamo mai credere che la libertà sia scontata, perché è costata moltissimo». Per tornare alla storia, non può essere priva delle emozioni che ne sono il sale. Le stesse che proviamo quando, per esempio, guardiamo un tramonto o vediamo un film. «Non c’è paragone - dice il Veltroni regista – tra il vedere un film in televisione e al cinema. Il cinema è il buio, è il sacco amniotico, è condivisione, sono le cose più grandi di noi e ciò cambia il rapporto di emozione. Ogni volta che un cinema o una libreria chiude, si spegne una luce». Da inguaribile ottimista il messaggio che Walter Veltroni ha lanciato ai giovani: non perdere mai la speranza e la fiducia, cercando la strada per far emergere il proprio talento. E alla fine della conferenza, Veltroni ha risposto alla “Gazzetta”.

Perché siamo portati a considerare la nostra generazione fragile?

«Non so se sia giusto definirla fragile. Certamente vive in un contesto molto più incerto e carico di inquietudini di quanto siano vissute le generazioni precedenti, dal boom economico in poi. Se si sommano crisi economica, pandemica, climatica, le difficoltà del sistema politico, associativo e culturale… però mi sembra che reagiscano. Per esempio il tema climatico l’hanno posto proprio i ragazzi con molta forza».

Perché le arti sono così sottovalutate oggi in Italia?

«Questo è certamente uno dei difetti del nostro Paese. L’idea che la cultura non sia una leva fondamentale di crescita economica e civile, è stata rimossa ma ogni tanto riaffiora».

Perché i giovani dovrebbero credere nell’Italia?

«Secondo me non è affatto difficile, se si mettono insieme gli eventi costitutivi di questo Paese, dalla cultura al modo di vivere, al sistema delle sue relazioni, al suo welfare: è una nazione che ha enormi potenzialità».

Tracciando un bilancio degli ultimi anni della nostra storia recente, che lei ripercorre nel libro, qual è il valore del passato per costruire un futuro?

«Il rapporto tra memoria e presente bisogna coltivarlo. Non nasciamo dal niente, ma da tutto ciò che c’è stato prima di noi e che ha accompagnato la storia nazionale, i suoi errori e contraddizioni ma anche le sue virtù. L’Italia ha dimostrato di essere un grande Paese soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà: oggi bisogna fare altrettanto».

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