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Bari, bar Pane e Pomodoro: sospesa interdittiva antimafia, ok a controllo giudiziario

 
Nicola Pepe

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Nicola Pepe

Bari, bar Pane e Pomodoro: sospesa interdittiva antimafia, ok a controllo giudiziario

«L'impresa non è mafiosa». La gestione a un amministratore giudiziario. Licenziato Orlando Malanga ritenuto l'anello di congiunzione con la mala

Martedì 02 Febbraio 2021, 10:29

Non si è in presenza di una «impresa mafiosa» ma di una azienda che mostra «attitudine nel fiancheggiamento di contesti delinquenziali quindi di una «infiltrazione criminale occasionale». In un provvedimento di 15 pagine, il Tribunale di Bari, sezione misure di prevenzione, motiva la sospensione dell'interdittiva antimafia disposta un anno fa nei confronti della società «Il Veliero», titolare delle concessione demaniali per le aree di ristoro a Pane e Pomodoro e Torre Quetta (quest'ultima ormai decaduta), e contestualmente ha deciso il controllo giudiziario per due anni.

Tale provvedimento, emesso dal Collegio presieduto dalla dott.ssa Giulia Romanazzi (relatore), ha previsto che la gestione della società sarà affidata a un amministratore giudiziario nominato dai giudici, il dott. Gianfranco Patino. Ciò consentirà all'impresa di poter partecipare a gare pubbliche ed eventualmente aggiudicarsele grazie all'iscrizione nella c.c. white list della Prefettura, e salvare anche le commesse in corso.

Il Tribunale ha così accolto il ricorso presentato dai difensori, Avv. Francesco Paolo Sisto (Studio Fps) e Prof. Saverio Sticchi Damiani, che hanno motivato la loro istanza tenendo conto dell’attività di «self-cleaning avviata» dall’azienda nonché della riorganizzazione dell’attività e del personale che ha previsto l'espulsione di un personaggio vicino alla criminalità barese.

Infatti, uno dei perni fondamentali attorno al quale ruotava l'intera vicenda era la presenza all'interno dell'azienda - come dipendente part time ma di fatto co gestore - del compagno della titolare (Rosa di Modugno), tale Orlando Malanga, personaggio con vecchi precedenti penali e ritenuto legato al clan malavitoso dei Campanale.

Dagli atti della Prefettura, ed esaminati dal Tribunale, è emerso che Malanga e l'attuale compagna sono praticamente cognati, in quanto entrambi hanno sposato rispettivamente la sorella (Rosa Zapparelli) e il fratello (Giuseppe Zapparelli) di Maria Zapparelli, vedova di Felice Campanale ammazzato a San Girolamo nel 2013 nell'ambito di una faida con gli Strisciuglio. Da ciò ne deriva che i due co-gestori fossero anche gli zii di Leonardo Campanale, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Nicola Lorusso (avvenuto l'11 gennaio del 2015) e di Giacomo Campanale, condannato a 6 anni per associazione mafiosa.

Malanga gestiva anche i bar all'interno dello stadio (fino al 2017), circostanza anche questa che non è stata considerata, è stato licenziato a novembre e ciò - fino a prova contraria - ha in qualche modo eliminato quello che era considerato l'anello di congiunzione con la criminalità organizzata.

Secondo il tribunale, che ha condiviso le tesi dei difensori, un legame familiare con malavitosi non crea un automatico condizionamento dell'impresa; inoltre se i contatti tra un «dipendente» dell'azienda, ancorchè compagno della titolare, e la criminalità organizzata sono occasionali si è in presenza di una diagnosi di «infiltrazione criminale quanto meno occasionale». Cosa vuol dire?  «Si tratta di azienda che mostra attitudine nel fiancheggiamento di contesti delinquenziali - scrive il Tribunale - senza essere (ancora) qualificabile come impresa mafiosa».

Da qui l'adeguatezza del controllo giudiziario «che mira essenzialmente ad un ripristino funzionale dell'attività dell'impresa, una volta ridotta l'ingerenza dei soggetti portatori di pericolosità esterni» ovvero il licenziamento di Malanga.

La vicenda, che ha registrato una serie di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, allo stato ha visto decadere definitivamente la concessione per Torre Quetta (sentenza di Palazzo Spada) mentre per Pane e Pomodoro pende ancora un ricorso al Tar che non è stato deciso. La società punta ora al ripristino dell'attività nella più antica spiaggia barese per la quale, in base a quanto sostengono i difensori, «alla luce della del provvedimento del Tribunale, non vi sarebbero più condizioni ostative».

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