BARI - Antonio Decaro, esponente di spicco del Pd, sindaco di Bari e presidente Anci (l’associazione nazionale dei Comuni italiani), cominciamo dalla politica nazionale. Se il governo cade buona parte di questa intervista è inutile. Come vede il futuro dell’esecutivo?
Io credo che nella attuale situazione il senso di appartenenza partitica o politica debba lasciare il passo al senso di responsabilità. In questo momento si deve essere in grado di riconquistare pienamente la fiducia dei cittadini dando più che mai l'esempio forte e chiaro che fare politica significa costruire il bene comune, anteponendo alle rivendicazioni, seppur legittime di ognuno, l’interesse collettivo del Paese. Abbiamo chiesto ai cittadini grandi sacrifici in questi mesi e tutti hanno rispettato le regole rinunciando chi a parte della propria vita chi al proprio lavoro. Lo hanno fatto perché hanno capito la delicatezza del momento. Ora la politica deve dimostrare di essere all'altezza della sfida della crisi sanitaria ed assumere quella sobrietà di comportamenti che i cittadini richiedono a chi li rappresenta nelle istituzioni sia nazionali che locali.
In caso di crisi ci sono strade alternative alle elezioni? L’ipotesi Draghi?
Se alla fine si aprirà una crisi di Governo credo la decisione debba tornare in capo agli elettori. Il presidente Draghi è certamente persona autorevole e capace ma questa fase così delicata necessita di una forte legittimazione popolare.
Il Pd teme che la beghe nella maggioranza possano togliere tempo prezioso alla pianificazione del Recovery. Ha l’impressione che a Roma si tiri a campare?
In questi mesi abbiamo avuto interlocuzioni continue con diversi ministeri su tutti i temi su cui gli enti locali sono chiamati ad esprimerci. Abbiamo partecipato insieme al ministro Amendola e al presidente del consiglio dei ministri Conte al Comitato interministeriale per gli affari europei (Ciae) dove abbiamo avuto modo di fare le nostre proposte. Le stesse le abbiamo ritrovate nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che ci è stato presentato dal Governo. Io credo che a Roma si stia lavorando, anche in vista delle scadenze dettate dall’Unione Europea che mi risulta non essere prorogabili.
Capitolo soldi, appunto. Sarete rappresentati come Anci nelle decisioni per il piano sui fondi Ue del Recovery?
Abbiamo portato all’attenzione del governo la nostra proposta. Si chiama Città–Italia. Sono 10 punti programmatici scritti in modo molto semplice per arrivare dritti allo scopo. Cioè trasformare le ingenti risorse che l’Europa ci mette a disposizione, in servizi utili a migliorare la vita dei cittadini di tutte le città italiane, dai comuni più piccoli alle grandi metropoli, dalle periferie ai distretti industriali; dalle piccole imprese agricole delle aree interne alle scuole delle zone meno sviluppate. Detta così potrebbe apparire una cosa scontata. Non lo è affatto. Oggi, al di là di ogni retorica, siamo davvero di fronte ad un bivio. Se sbaglieremo a cogliere l’enorme opportunità dei fondi del Recovery Plan non potremo più tornare indietro.
La convince l’idea della piramide con regia politica, supermanager e tecnici?
Io credo che le scelte strategiche sui temi e sulle politiche su cui devono essere investite le risorse, su quali azioni e con quali criteri spettino alla Politica e al Parlamento. Altre figure manageriali e dirigenziali possono invece certamente aiutare le strutture di governo ad avviare le procedure per la spesa, coordinare la macchina amministrativa e verificare l’esecuzione delle progettazioni, anche in affiancamento agli enti locali. Di qui passa il senso stesso del ruolo della Politica.
Al Sud pare andranno briciole dei 200 miliardi europei: solo il 34%. Basteranno?
Quasi certamente non basteranno ma non è solo una battaglia del sud contro il nord, anche perché in questi anni alcuni territori del sud hanno dato prova di grande dinamismo. I dati del Pil della Puglia nel triennio 2017-2019 che ha registrato lo stesso tasso di crescita (+0.7) della Lombardia e dell’Emilia Romagna ne sono la dimostrazione. Questo non significa che il divario tra le diverse zone del Paese sia scomparso. Credo però dobbiamo essere in grado di portare avanti un ragionamento più complesso che ragioni su differenti livelli di investimento e sviluppo. Penso alle grandi aree urbane che hanno esigenze differenti tra i piccoli comuni, penso alle aree interne, alle città che oggi sono a tutti gli effetti delle metropoli. Dobbiamo cominciare a studiare il nostro Paese secondo nuove categorie di sviluppo.
Come presidente Anci e come sindaco di una grande città del Sud, quali priorità chiede?
Noi sindaci abbiamo proposto i 10 punti per l’Italia Covid Free. Tra questi, un ambizioso Piano nazionale per la mobilità sostenibile nelle aree urbane. Un servizio di trasporto pubblico efficiente e un sistema articolato di servizi a domanda di micro-mobilità, biciclette o altri mezzi non inquinanti. Poi un piano per la digitalizzazione capillare del Paese. Tutti, e dico tutti i comuni del nostro Paese devono essere raggiunti dalla banda larga. Non è più tollerabile che nel 2020 ci siano bambini che non hanno potuto assistere ad una lezione del loro insegnante perché non hanno accesso a una connessione. Un luogo in cui non arriva la scuola è un luogo in cui non arriva lo Stato. E questo pensiero non deve farci dormire la notte. E se il discorso vale per le famiglie, a maggior ragione vale per le aziende. Ci riempiamo la bocca della parola «competitività» ma come si fa a competere se i nostri migliori cervelli sono costretti a fare i conti con infrastrutture tecnologiche obsolete? Noi sindaci chiediamo di occuparci di questo: di scuola, di sicurezza degli edifici scolastici, di un piano per l’edilizia abitativa come strumento di contrasto alle povertà e di sostegno alle famiglie.
Non c’è il rischio di farsi trovare impreparati nella gestione delle risorse?
Mi auguro di no. Io credo che non perderemo questa occasione. Ad oggi le risorse non sono ancora arrivate e mi auguro che per quel momento il Parlamento e il Governo abbiano individuato le modalità di attuazione delle misure previste.
C’è poi tutto il capitolo Sanità, in sofferenza soprattutto il Sud…
Anche qui vorrei sfatare un mito. Io penso che il sud sia raccontato spesso molto peggio di quello che è. Esistono tante lacune come esistono tante eccellenze che noi per primi dobbiamo valorizzare. Credo che la miglior risposta a questa domanda stia nelle parole della madre che ieri ha voluto salutare gli operatori sanitari della terapia intensiva del Policlinico che le hanno salvato la vita. Io ho visto con i miei occhi quella donna ricoverata al di là di quelle vetrate dopo aver da poco partorito due gemellini.
Eppure solo 9 miliardi saranno stanziati per la Sanità, nel quasi silenzio dei governatori del Sud. Cosa dice in proposito, rassegnazione o incapacità di gestione del denaro?
Nella conferenza Stato regioni i Governatori delle regioni del sud hanno sottoscritto un documento su questo tema e sono sicuro che non molleranno la presa sui diritti dei nostri territori. Ancora io penso che qui al sud ci sia tanto da lavorare e tanto da recuperare, ma proviamo a guardare anche alla strada che abbiamo fatto in questi anni.
Mes. Una parte, consistente, della maggioranza è contraria ad utilizzare le risorse destinate alla Sanità. Il suo parere?
Sul Mes si è consumata purtroppo una forte contrapposizione ideologica. Ritengo che quelle risorse possano essere una boccata di ossigeno per strutturare la sanità territoriale che purtroppo in questa epidemia ha mostrato tutte i suoi limiti.
I rapporti con Michele Emiliano come vanno? Un giudizio sulla nuova giunta?
Sono sempre stati buoni, anche quando non siamo d’accordo su alcune questioni ne discutiamo e proviamo a spiegare sempre le rispettive ragioni. Io non amo giudicare a priori i nomi di un esecutivo. Preferisco valutare il lavoro e le scelte di un intera squadra di governo dopo che questa ha avuto modo di lavorare.
Il «lockdown a metà» di Natale-Capodanno ha generato confusione?
In queste settimane l’indice di contagiosità, RT si è abbassato in quasi tutta Italia, dando a tutte le regioni la possibilità di sperimentare la cosiddetta «zona gialla». Purtroppo però è necessario fare i conti con la realtà di questa situazione e le feste che stiamo vivendo sono per tradizione il momento in cui tutti siamo portati a fare tutto quello che questo virus ci impedisce: stare insieme, abbracciarci, scambiarci contatti affettuosi. Credo che queste restrizioni seppur pesanti non siano una risposta alla situazione attuale, ma una dovuta precauzione rispetto ad un ipotetico scenario delle prossime settimane.
Come è stata gestita l’emergenza sanitaria in Puglia?
Se pensiamo che il 24 dicembre di un anno fa nessuno, e dico nessuno, in Italia e in Europa conosceva questo virus né stava in qualche modo pianificando un eventuale pandemia mondiale io credo che la Puglia abbia fatto egregiamente la sua parte. È indiscutibile che ci siano state disfunzioni, qualche errore, ma ripeto, gli operatori sanitari pugliesi hanno fatto un lavoro eccezionale e la Regione Puglia ha sicuramente contribuito a questo, con tutte le difficoltà del caso. La mia non vuole essere un’assoluzione, ma un ringraziamento per quanto fatto e quanto ancora si farà.
Gli esperti ritengono improbabile l’apertura delle scuole per il 7 gennaio. Gli istituti baresi si stanno attrezzando? E per i trasporti?
Noi stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità e che le linee guida del ministero ci chiedono. Solo a Bari in poco più di un mese, tra agosto e settembre abbiamo aperto e chiuso più di 100 cantieri, riorganizzato servizi, mense e scuolabus, e condiviso nuove metodologie di lavoro, dettate dalle prescrizioni sanitarie, con operatori e famiglie. Il problema dei trasporti è però uno scoglio non di poco conto, se gestito senza la più stretta collaborazione tra tutti gli enti interessati. Su questo, grazie al Coordinamento delle prefetture si stanno facendo grandi passi in avanti. Saranno decisivi i prossimi giorni per capire se sarà possibile riaprire già dal 7.
Si è vaccinato contro l’influenza stagionale? Si vaccinerà contro il Covid?
Mi vaccino ogni anno contro l’influenza e quando sarà il mio turno, secondo le disposizioni ministeriali e regionali mi vaccinerò anche contro il Covid.
Da sindaco è stato ed è molto impegnato nelle operazioni di sensibilizzazione dei baresi al rispetto delle regole anti contagio. I provvedimenti adottati finora dal governo le sembrano adeguati?
Noi sindaci sin dalle riaperture di maggio avevamo chiesto al governo criteri oggettivi che guidassero tutti nelle scelte. Oggi abbiamo 21 parametri che sulla base dei dati forniti dalle regioni determinano le restrizioni. Questo meccanismo sgombra tutti i dubbi o i retropensieri rispetto a rapporti di privilegio o di forza su alcuni territori invece che su altri. Ora il prossimo passo deve essere rendere trasparenti a tutti i cittadini i dati e i parametri.
Decaro, trascorrerà anche queste feste a caccia dei trasgressori? Le sue immagini hanno fatto il giro d’Italia...
Tutto quello che ho fatto in questi mesi l’ho fatto solo perché sentivo forte la responsabilità di prendermi cura della mia comunità. Non ho mai guardato ai like o alla popolarità altrimenti non avrei fatto scelte impopolari come quello che purtroppo sono costretto a fare ancora oggi. Forse Bari è una delle poche città in Italia che sconta restrizioni più pesanti di quelle previste dal DL che introduce la zona rossa. Non credo in questo momento di essere molto popolare tra i gestori delle attività commerciali o tra i ragazzi a cui sto negando delle occasioni di festa. Ma fare il sindaco significa anche questo. Non avrei mai voluto svegliarmi il 7 gennaio e chiedermi cosa avrei potuto fare di più e che non ho fatto.
Molti locali a Bari ieri hanno anticipato l’aperitivo della vigilia. In termini di assembramenti è stato disastroso. Cosa ne pensa?
Capisco che non è un periodo facile per nessuno. Soprattutto per le attività commerciali. Le chiusure, le restrizioni, le spese, la voglia di lavorare e la paura di dover chiudere la propria attività per sempre, ma se continueremo a trovare il modo furbetto per aggirare le regole, a fare un po’ come ci pare, la situazione non potrà che peggiorare e se ciò accadrà, quel rosso e quelle restrizioni che accompagneranno le feste non ci lasceranno più. I locali resteranno chiusi e anche concedersi un caffè al bar tornerà un miraggio. Vogliamo davvero questo?
Un appello ai suoi concittadini su come trascorrere Natale e Capodanno…
Cerchiamo di apprezzare quello che abbiamo. All’interno delle nostre case, con i nostri famigliari o i congiunti più prossimi, per usare un termine che ormai tutti abbiamo imparato ad usare. Vorrei che tutti facessimo un ultimo sforzo in questo periodo in attesa del vaccino. Facciamolo sperando che i prossimi mesi siano per tutti migliori e che finalmente potremo tornare a vivere la nostra vita.
Cosa ritiene di fare, in concreto per superare questo momento drammatico non solo dal punto di vista sanitario ed economico, ma anche sociale e culturale?
Continuerò a fare quello che ho fatto in questi mesi. Cercherò di lavorare per tenere unità la mia comunità provando a sostenere in tutti i modi quei settori che hanno scontato di più la crisi in questo anno, consapevole che dietro ogni attività ci sono persone e famiglie che non devono restare indietro.
Sindaco, infine, cosa spera per la sua città nel 2021?
Spero in una grande festa di piazza, magari il prossimo maggio, per la festa di San Nicola. So che può sembrare una cosa futile ma credo che tutti sentiamo il bisogno di riscoprire il valore di un abbraccio, di una stretta di mano, di un momento da trascorrere insieme. Perché da sempre questa città trae la sua forza dallo stare insieme e dai grandi sforzi collettivi.