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«Noi aspiranti avvocati ostaggi del Covid»: le storie dei praticanti pugliesi

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

toghe, avvocati

Un percorso lungo e faticoso che subisce un ulteriore rallentamento

Mercoledì 02 Dicembre 2020, 10:46

Il Covid-19 non risparmia neanche la prova d’esame d’avvocato. Il tradizionale appuntamento di metà dicembre, come ha annunciato nelle scorse settimane dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, slitterà in primavera, forse a marzo (la nuova data al momento non si conosce ancora). Con un virus maledetto che da mesi mette a rischio la salute delle persone, non è ovviamente il caso di convocare centinaia di aspiranti avvocati per la classica tre giorni in cui si articola la prima prova scritta. Ciò non toglie che tra i praticanti baresi l’amarezza è tanta.

«Il malcontento è generale - spiega Annamaria Gasparre, 27 anni, di Giovinazzo, aspirante avvocato -. Dopo 18 mesi di pratica legale, dopo le energie e gli sforzi da noi profusi, questo posticipo proprio non ci voleva. Certo, è una situazione che nessuno di noi poteva prevedere due anni fa quando abbiamo iniziato la pratica. La salute viene prima di tutto, sia chiaro, ma già tra prova scritta e inizio degli orali trascorrono di norma sei mesi, adesso con l’ulteriore slittamento, dovremo aspettare chissà quanto». Sapendo che, se non si supera la prova scritta, occorre attendere un anno ancora per riprovarci.
Ma tutto questo, sia chiaro, non intacca minimamente la passione per una professione che, per tante ragioni, comunque non esercita più in molti lo stesso fascino di un tempo. Non per la dottoressa Gasparre. «Ho una propensione per il diritto civile, un amore nato durante gli studi e coltivato durante la pratica soprattutto grazie al mio dominus che mi ha insegnato moltissimo e che trasmette la sua di passione sia per la materia, sia per la professione».

Sulla stessa linea anche chi, da barese, si appresta a sostenere la prova in altre latitudini. Luca Schingaro, 26 anni, diplomato al liceo classico Socrate, a 18 anni si è trasferito a Milano dove si è laureato alla Bocconi. Ed è nel capoluogo lombardo che sosterrà, non prima di marzo prossimo, la prova scritta dell’esame di abilitazione. «C’è sicuramente disagio -. spiega Schingaro -. Navighiamo in un clima di grande incertezza. Ognuno di noi ha alle spalle un percorso di quasi dieci anni tra laurea magistrale, pratica legale molto spesso non retribuita in un’età in cui è legittimo aspirare a un’indipendenza economica. Noi praticanti ci siamo mobilitati ma, ci saremmo aspettati una tutela maggiore da parte delle istituzioni. Senza considerare i costi importanti che sosteniamo: codici, iscrizioni, corsi di preparazione all’esame sino a 2mila euro, pur di sostenere un esame strutturato su una prova pensata più di 50 anni fa e che non è al passo con i tempi. Penso anche all’investimento per la formazione e ai sacrifici di chi, come me, ha lasciato casa da giovanissimo. Inoltre, il settore è bloccato e ritardare la prova danneggia ulteriormente i praticanti legali. Peraltro, a differenza di altre categorie professionali, non abbiamo ricevuto tutele durante la pandemia, non sono state previste per noi misure di sostegno su misura», conclude Schingaro che si occupa di diritto penale, societario e tributario.

A seguire da vicino i praticanti avvocati c’è in prima fila l’Associazione italiana giovani avvocati (Aiga) che a inizio anno ha istituito una consulta nazionale dei praticanti di cui fa parte il barese Francesco Delia, 28 anni, che una decina di giorni fa ha superato la prova orale dell’esame. «Per troppo tempo una figura a metà strada tra lo studente e un libero professionista figura non è stata ben regolamenta», premette l’avvocato Delia. «La consulta di cui faccio parte era stata costituita per affrontare ben altri temi, ovviamente la pandemia ci ha costretto subito ad occuparci delle conseguenze dell’emergenza. Quanto all’esame, già il lockdown ha provocato un allungamento dei tempi delle correzioni degli scritti dell’esame 2019, slittati a grandi linee da giugno ad agosto». Il termine del 12 novembre per iscriversi alla prova 2020 è slittato intanto al 12 febbraio. L’Aiga ha presentato una proposta di riforma dell’esame targato 2020 (ne riferiamo a parte). Ma il problema è un altro. «Ogni anno calano le iscrizioni a Giurisprudenza e di conseguenza il numero degli aspiranti avvocati. L’anno scorso eravamo circa 900 candidati. Il percorso è lungo e lo slittamento ha creato un clima di frustrazione e delusione, molti ragazzi sono anche disincentivati anche sotto il profilo economico».

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