Al Policlinico di Bari sono stati eseguiti 14 trapianti di cellule staminali da inizio anno, lo stesso numero di quelli effettuati nello stesso periodo del 2019. Lo rende noto il Policlinico stesso in una nota. Quattordici trapianti autologhi ed allogenici di cellule staminali effettuati nei primi quattro mesi del 2020 nell'unità operativa di ematologia del Policlinico di Bari. A questi vanno aggiunti due trapianti eseguiti presso l'onco-ematologia pediatrica diretta dal dottor Nicola Santoro. L'emergenza Coronavirus non ha fermato quindi l'infusione delle cellule staminali, che per i pazienti con tumori del sangue costituisce una reale speranza di cura per patologie come leucemie acute, linfomi, mielomi e sindromi mielodiplastiche.
Tutti i trattamenti programmati sono stati rispettati, naturalmente con protocolli di sicurezza più rigidi. I pazienti sono stati sottoposti a tampone prima della procedura e sono stati effettuati gli accertamenti previsti dal Centro Nazionale Trapianti anche sulle cellule dei donatori compatibili da registro, che sono arrivate da Brescia, Como, dalla Polonia e dalla Germania, ma anche dalla figlia di un paziente, per un trapianto “aploidentico”. “Il nostro è un lavoro di squadra e interdisciplinarietà – spiega il prof. Pellegrino Musto, direttore dell’U.O. di Ematologia del Policlinico di Bari e presidente della Società italiana di ematologia sperimentale - Grazie alla stretta collaborazione di trasfusionisti, infettivologi, anestesisti, rianimatori, radiologi, laboratoristi, microbiologi, oculisti, gastroenterologi e dermatologi, che ci hanno supportato con il loro quotidiano lavoro di consulenza, mai venuto meno, siamo riusciti a mantenere i nostri standard anche in epoca Coronavirus, assicurando comunque ai pazienti le procedure trapiantologiche necessarie”. Per i pazienti che si sottopongono a questo tipo di trattamento nella sezione trapianti del reparto di ematologia, coordinata dalla dr.ssa Paola Carluccio, è normalmente necessario un periodo di isolamento assoluto, generalmente di circa un mese, in camere singole a pressione positiva e filtrate. Anche per loro nessun tipo di visita da parte dei propri cari, ma contatti assicurati attraverso smartphone e tablet. Undici pazienti, che da gennaio hanno effettuato il trapianto, sono già tornati a casa.