Il pregiudicato barese Ignazio Piumelli, 53 anni, avrebbe ammazzato la compagna Zlezak Malgorzata detta Margherita, 50enne polacca, dopo l’ennesima lite culminata con un’aggressione. Piumelli e Margherita erano entrambi senza fissa dimora. I resti dello scheletro della donna furono trovati nel maggio 2017 in una ex acciaieria a Bari, ma la sua morte risalirebbe a giugno del 2012. Per cinque anni nessuno ha reclamato il corpo o denunciato la scomparsa della donna. Piumelli avrebbe ammesso indirettamente l’omicidio minacciando l’attuale compagna, come da lei riferito agli inquirenti, «di farle fare la stessa fine di Margherita».
A Piumelli, che era già detenuto in carcere dalla scorsa estate per maltrattamenti sull'attuale compagna, è stata notificata oggi un’altra ordinanza di custodia cautelare per i reati di omicidio volontario, riduzione in schiavitù, occultamento e vilipendio di cadavere.
Stando alle indagini della Squadra mobile di Bari, coordinate dal pm Gaetano De Bari e dall’aggiunto Alessio Coccioli, Margherita sarebbe morta a causa di uno «shock traumatico ad alta componente emorragica, nel corso e a causa di una violenta ed efferata aggressione» da parte dell’allora compagno, che aveva poi tentato di nasconderne il corpo. Le indagini si sono avvalse di numerose testimonianze di persone informate sui fatti, intercettazioni, accertamenti scientifici su Dna e una perizia grafologica. Su una parete dell’edificio abbandonato dove furono ritrovati i resti della vittima, c'erano le scritte "Mi dispiace, chi sbaglia paga"; «Mi ami ma devo morire"; «Tu muori qua». L’autore delle scritte sarebbe l’assassino.
Cinque anni dopo l’omicidio, i resti di Margherita furono ritrovati nelle ex acciaierie Scianatico, in via Ammiraglio Caracciolo a Bari, all’interno del vano tecnico dell’ultimo piano dell’edificio in disuso.
Il cadavere, completamente scheletrito, era coperto da assi e cassette di legno, quasi a formare una 'barà. I resti erano avvolti in tutto la loro lunghezza da nastro adesivo, e presentavano intorno alle ossa del polso due braccialetti: il primo in cotone multicolore, e il secondo in plastica verde con la scritta 'Coca Cola UEFA Euro 2012'. Sotto le ossa del bacino c'era un reggiseno in tessuto chiaro, non agganciato.
In fase di sopralluogo, in alcune stanze del secondo piano dell’edificio, furono trovati numerosi capi di abbigliamento, soprattutto femminili, alimenti e masserizie varie, tanto da far presumere che la struttura fosse stata abitata da soggetti senza fissa dimora. Proprio le testimonianze dei 'senza tettò hanno consentito di ricostruire il clima di violenza nel quale viveva la donna, che aveva problemi di alcolismo e che veniva ripetutamente picchiata dal compagno che frequentava da circa un anno. I due, inizialmente, frequentavano il campo di accoglienza della Croce Rossa Italiana in via maratona a Bari; poi un edificio abbandonato in via Beltrani e, dopo il suo sgombero, i locali delle ex acciaierie.
Dalle indagini è emerso anche che il compagno ha tentato di depistare le indagini, raccontando agli homeless amici della coppia che la compagna era tornata in Polonia dalla famiglia, per vedere un figlio e per vendere una casa. Aveva anche bruciato gli abiti di Margherita con la complicità di un amico.
PM, DATA GIUSTIZIA A CHI NON HA VOCE - «Abbiamo dato giustizia a uno di quei morti senza voce, che rischiano di rimanere senza identità». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Bari, Alessio Coccioli, commentando l’esito dell’indagine della Squadra Mobile che oggi ha portato all’arresto del pregiudicato Ignazio Piumelli per l'omicidio volontario della cittadina polacca Szlezak Malgorzata, detta Margherita, il cui cadavere scheletrito fu trovato nel maggio 2017 in una fabbrica abbandona a Bari, ma il cui decesso risalirebbe al giugno 2012.
«E' stata un’indagine invisibile sul mondo degli invisibili», ha detto il pm che ha coordinato le indagini, Gaetano De Bari, sottolineando che «Margherita era una donna dimenticata, nessuno aveva chiesto di lei. Tramite l’Interpol abbiamo fatto indagini anche nel suo Paese dove nessuno, madre e figlio, l’aveva mai reclamata».
Dall’ascolto dei testimoni, non solo amici 'senzatetto' della coppia ma anche operatori volontari della Caritas che l’avevano conosciuta, perché i due mangiavano nelle mense dei poveri, emerge la figura di una «donna gentile e molto benvoluta da tutti», che «aveva cercato in più occasioni di sottrarsi alle grinfie del compagno violento».