Il suono di una sirena di un’ambulanza del «118» fende l’aria mentre il mezzo fa ingresso lungo il vialetto che conduce al pronto soccorso dell’ospedale Di Venere, a Carbonara. Rumori secchi e metallici delle portiere che si spalancano, volti severi degli operatori mentre la lettiga trasporta un uomo anziano che ha un collare a protezione delle vertebre cervicali. E’ la normale routine in un pronto soccorso.
Tuttavia, tra medici e infermieri lo stress è davvero palpabile. La caposala non vuole parlare, non una sola sillaba ma le si legge in viso che è stanca. Il direttore del pronto soccorso, Carlo Marzo, invece decide di interloquire col cronista. Ed è uno sfogo che somiglia alla piena di un fiume. Proprio la settimana scorsa un medico ha subito un tentativo di strangolamento in pronto soccorso da parte di un malato psichiatrico. «Con una catenina in oro tentò di strangolarlo e per fortuna la catenina si spezzò. Purtroppo, in Puglia i malati psichiatrici vengono condotti in pronto soccorso invece che, come dice la legge, nei presidi territoriali, i servizi psichiatrici di diagnosi e cura per quel tipo di patologie. Vengono abbandonati in un pronto soccorso», dice Marzo.
«Purtroppo, in base a un regolamento regionale del 2011 è previsto il trasporto presso il pronto soccorso, un regolamento che va contro la legge europea. Presenterò una denuncia alla Corte di giustizia europea dell’Aia», aggiunge. Le parole e le frasi si susseguono rapidamente. «La situazione è insostenibile. Non è il primo caso, è la regola. Solo che se una persona ti aggredisce e non è in stato di follia puoi chiamare la polizia, ma per chi è paziente psichiatrico dovremmo fare opera di prevenzione».
Poi il discorso si amplia. «Il pronto soccorso è diventato una trincea quotidiana. Non ci sono medici, scarseggia il personale, non ci sono posti letto, la gente è costretta a subire lunghe assenze e ha difficoltà nel trovare una sistemazione e soluzioni, in casi particolari sembrano perdere il controllo di sé stessi, specie se si tratta di persone un po’ particolari. La situazione sta gravemente peggiorando».
Il tono è di chi nemmeno protesta ma in modo rassegnato rappresenta solo una situazione. «Pensi che adesso i concorsi riservati a medici che vogliano lavorare nei pronto soccorsi vanno deserti perché nessuno vuole più lavorare qui. Tra 5 anni non ci saranno medici a sufficienza per i pronto soccorso. I più anziani vanno in pensione ma sarà difficile trovare medici giovani che vogliano lavorare». I motivi? «Guadagni meno dei medici di reparto per cui non c’è alcun motivo per lavorare; corri rischi di prendere botte, rischi professionali alti, hai un sovraccarico di lavoro e per giunta per 4 soldi. E chi ce lo fa fare?».
Poi una richiesta. «Scriva che è una situazione vergognosa, di mancanza di gestione della situazione a livello regionale. Chi gestisce queste situazioni non è proprio a conoscenza di queste problematiche». Tutto oggi si scarica quindi sul pronto soccorso. «La medicina di base non funziona come dovrebbe, lo stesso dicasi per le visite ambulatoriali - incalza -. Il servizio non è adeguato e sufficiente alle esigenze della popolazione. La competenza e la preparazione ci sono ma i servizi sono carenti. A quel punto, il cittadino va dove trova risposte. Se uno ha una urgenza e non trova il medico curante, se deve fare un elettrocardiogramma e ti fanno aspettare 8 o 10 mesi per una visita cardiologica che fa? Io lo capisco, va dal pronto soccorso». È una valvola di sfogo. «L’acqua va dalla montagna al mare, dove trova spazio».