L'analisi
L’Unione alla ricerca dello spirito europeo
L’ambizione è quella di essere sepolti da una valanga di mail per formare la piramide digitale con una base larga e condivisa
L’ambizione è quella di essere sepolti da una valanga di mail per formare la piramide digitale con una base larga e condivisa. Parliamo della Conferenza sull'Europa, lanciata qualche giorno fa dai vertici dell'Unione e dei maggiori paesi «azionisti» della stessa.
L'occasione, nelle intenzioni, è quella di raccogliere i contributi anche dei cittadini e non solo dei governi per elaborare una strategia di futuro per il vecchio Continente.
Con qualche rischio che, va aggiunto, è proprio dietro l'angolo perché pandemia e recovery fund a parte, lo spirito europeo si è parecchio annacquato negli ultimi decenni sotto i colpi di egoismi, sovranismi di vario genere, ambiguità e muri immateriali (dopo avere abbattuto quelli veri, da Berlino alle cortine di ferro dei paesi dell'Est), che hanno per certi versi messo in discussione la natura dell'Unione europea.
Eppure questa della Conferenza sull'Europa potrebbe essere la grande occasione per tentare di rafforzare la tenuta complessiva del sistema in vista delle nuove sfide che ci attendono, come avvenne all'indomani del secondo conflitto mondiale tra macerie, disoccupazione, tessuto industriale da reinventare, spazi pubblici da istituzionalizzare.
I temi del resto sono diversi, a iniziare dalla governance complessiva dell'Europa, chiamata a definire titoli e competenze del Parlamento europeo, della commissione dell'Unione europea e soprattutto del Consiglio d'Europa che, affidato ai premier di turno dei singoli paesii, spesso e volentieri deborda rispetto ai compiti e alle competenze. Che pure non mancano in questa richiesta di rifondazione attraverso l'istituzione della Conferenza dell'Europa.
Qualche esempio? Le politiche fiscali oltre a quelle monetarie, la sicurezza , il mercato del lavoro, l'immigrazione. Tematiche che meriterebbero una governance in grado di dare certezze ai cittadini dei singoli Stati in un contenitore più grande qual è appunto l'Europa come era negli intendimenti dei padri fondatori.
E a proposito di governance, come non fare riferimento al sistema dei veti che, di fatto, paralizza azioni e decisioni con il paradosso che un «no» di Orban - come è avvenuto qualche settimana fa - ha addirittura bloccato la dichiarazione dell'Unione sulla cessazione delle ostilità tra Hamas e Israele. E se l'Unione fosse stata chiamata a inviare truppe ed aerei militari cosa sarebbe accaduto? Domande che restano al momento senza una risposta.
Anche perché i partiti politici che costellano il planetario dell'Unione europea sono sì forze transnazionali quando costituiscono i gruppi parlamentari a Bruxelles e a Strasburgo, ma non appena rientrano nei confini nazionali diventano partiti domestici, attenti soprattutto alle esigenze territoriali e al consenso senza alcun pensiero lungo e di respiro europeo.
E allora ecco spiegato il pericolo di trasformare la Conferenza dell'Europa in una convention dei singoli stati aderenti all’Unione, con i 445 milioni di cittadini dell'Unione europea più attenti alle questioni delle politiche nazionali che a quelle sovranazionali con tanti saluti alle sfide globali che pure pressano e da tempo.
Certo, questo accade anche per la mancanza di credibilità delle istituzioni europee - fatte le dovute eccezioni - proprio per quel balbettio di fronte a problemi sovranazionali, a cominciare ad esempio dall'immigrazione come ben sa l'Italia. Ma se c'è questa incompiutezza di fondo da parte dell'Unione Europea e dello spirito europeo che aveva invece caratterizzato i padri fondatori (da Spinelli a Schumann, da Adenauer a Monnet e De Gasperi) è anche per quello scarso senso di cittadinanza europea che caratterizza le popolazioni dei singoli stati fatta eccezione per gli studenti Erasmus che, al contrario, hanno colto tutte le opportunità garantite dall'Unione.
Se la Conferenza sull'Europa dunque è solo il travestimento di un vecchio ordine che noi tutti conosciamo, c'è poco da attendersi per il futuro. Se invece al contrario questa occasione sarà colta per resettare, ripartire ed irrobustire di conseguenza le istituzioni sovranazionali, la sfide del futuro vedranno eccome protagonista il «Vecchio continente» accanto alla Cina, agli Usa (in pieno rilancio) e al sistema dei paesi emergenti che, superata la pandemia, registrano la crescita del pil con percentuali a due cifre.