Lo Sport che cercava la bussola politica l’ha trovata nell’Isola delle Famose. Valentina Vezzali è stata accolta più coi sorrisi e gli apprezzamenti che con i dissensi e i mal di pancia. Il nuovo sottosegretario che governerà il «ramo» rimasto privo di un ministro titolare dal tramonto di Giuseppe Conte e Vincenzo Spadafora segna un punto di svolta per una serie di ragioni. E la questione se debba essere considerata come una pedina del Governo (Draghi) dei Migliori per quel palmarès da fare impallidire anche i Maradona viventi (nove medaglie olimpiche di cui sei d’oro e 26 titoli mondiali) appare un siparietto stucchevole di cui volentieri fare a meno.
Si è detto tanto della Vezzali: la chiamavano il Cobra della pedana per la capacità di fulminare col fioretto l’avversario, con la stessa rapidità e precisione con la quale colpisce e cattura la lingua di un serpente. Meno nota, forse, è l’origine della sua passione grazie alla quale è diventata icona azzurra d’oltreconfine. A sei anni frequentava la palestra di Ezio Triccoli, un tenace reduce della Seconda guerra mondiale che aveva appreso di scherma in un campo di concentramento del Sud Africa. Tornato a Jesi, Troccoli cominciò a insegnare a tirare nei sottoscala. Fiutò che quella bambina di sei anni che aveva davanti mentre saltellava con una spada di plastica sarebbe diventa orgoglio di Marche e d’Italia. Anche se la vita le avrebbe poi tolto a 15 anni l’affetto e la guida del padre Lauro. Vezzali diventerà la più grande campionessa italiana di scherma dribblando le ferite che sconquassano l’anima e superando le montagne russe che ogni salto professionistico sportivo chiede di scalare. Ora è la prima quasi-ministro donna nella cabina di regia di un mondo dove il maschilismo non è solo fenomeno da tesi di sociologia, ma una metastasi difficile da chemioterapizzare. Per questo vale doppio: rompe un tabù e più ancora promette di cancellare lati oscuri, in questo momento di long-Covid in cui non lasciare indietro nessuno e far competere ad armi pari non è solo questione femminile. La politica che nomina Vezzali e le dà potere lancia un segnale preciso: quello di mettere al primo posto la lotta alle impari-opportunità, affinché l’uguaglianza di genere non sia solo retorica.
D’altra parte è qui che va il mondo ed è questa l’urgenza. Il Giappone ha defenestrato un boss della politica e dello sport come l’83enne Yoshiro Mori per l’ennesima battuta sessista e ha motivato così la scelta a capo del Comitato olimpico nazionale e a ministro per i Giochi 2021, di Seiko Hashimoto, 56 anni, ex atleta con sei partecipazioni olimpiche: ha «profonda conoscenza dello sport e della questione dell’uguaglianza di genere, maturata dall’esperienza». C’è un Governo dei Migliori anche nel Sol Mutante.
Tornando a guardare alla finestra di casa Italia, l’aria sta cambiando coi ruggiti delle leonesse dell’Isola delle Famose. Se la denuncia della pallavolista Laura Lugli che s’è vista respinta dal club la richiesta dell’ultimo compenso previsto dal contratto, perché incinta (ha poi abortito), ha scatenato righe tempestose perfino del New York Times è perché è avvertita ovunque l’esigenza di regolare il professionismo sportivo rosa e di rendere concreto l’accesso delle donne al potere. E’ una buona notizia la nomina di Antonella Granata, calabrese, consulente del Lavoro, a presidente della Federazione italiana squash, ex costola del tennis. Settemila tesserati, ma non è mica il pisticchio (il baseball dei poveri), ma quel che conta è che mai avevamo avuto una presidente donna al vertice di una Federazione, perché l’unica che ci riuscì, negli Sport equestri, fu Antonella Dallari, nel 2012: vide l’elezione annullata nel 2013 dall’Alta corte di Giustizia. Per fortuna che le ultime cronache dall’Isola delle Famose ci dicono che qualcosa sta cambiando nella visura catastale del potere sportivo. Non più solo ex principesse che crescono solo se compiacenti. Ma politiche guerriere, ribelli capaci di fare quello che allo sport è culturalmente richiesto: provare a cambiare il mondo.