Già parlare di qualità della vita è grottesco. Cosa può esserci di qualitativo in una stagione di abbracci negati, vite sospese, lutti e vaghi sorrisi nascosti dietro una mascherina? Vita sociale finita, niente viaggi, shopping di necessità. C’è chi resta a casa perché obbligato dallo smart working, magari poi la sera vorrebbe andare a farsi un giretto. Ma non può, perché dalle 22 bisogna di nuovo rintanarsi in casa.
Cinema, teatro, concerti? Niente, tutto sospeso. Palestre, partitelle con gli amici? Niente, finito tutto. Nemmeno un innocuo burraco tra signore. Eppure, imperterrito come la dieta dopo il 7 gennaio, il Sole 24 Ore continua a monitorare la qualità della vita degli italiani. Un dossier che - non poteva essere altrimenti - fotografa un Paese senza respiro. Il Covid è entrato prepotente nelle nostre esistenze, snaturando le abitudini, incupendo l’umore, stravolgendo i rituali pubblici e privati. E questo è un dato oggettivo. Nei 90 indicatori utilizzati dagli analisti per stabilire il miglioramento/peggioramento della qualità della vita, 25 sono dedicati esclusivamente al virus. Ne emerge una crisi economica e sociale senza uguali che capovolge perfino l’assioma cristallizzato del Nord opulento e del Sud miserabile, visto che Milano - un esempio - ha usufruito del 40,3% in più di assegni da Reddito di cittadinanza.
Una classifica che in ogni caso lascia spazio a una perplessa ironia. Chi stabilisce cosa faccia vivere meglio e cosa peggio? I soldi, gli ospedali che funzionano, i trasporti impeccabili? Certo questi fondamentali parametri non hanno evitato al Nord (proverbialmente efficiente) di piangere i tanti morti da Coronavirus. Né la dolcezza del clima mediterraneo ha impedito a quel Mezzogiorno baciato da sole, socialità, turismo e agricoltura felice di fare i conti con una digitalizzazione in affanno. Cosa dedurre? Forse che la qualità della vita è una dimensione soggettiva, individuale, irripetibile? Se vivi in un paesino d’alta montagna ti basta l'aria buona e la straordinaria tranquillità però chi è abituato a vivere nell’entropia metropolitana potrebbe patire silenzio e solitudine. Ci sono persone per le quali sapere che i Pos non funzionano interessa quanto le attività di Gianluca Vacchi (non sapete chi sia? appunto...). Tutto è contemporaneamente vitale e ininfluente. «Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo» (C. Bukowski). Pero un primato, in questa classifica così impalpabile, fatecelo trattenere: molte zone del Sud sono al minimo per consumo di antidepressivi. Chissà. magari un po’ di vaga felicità ci è rimasta, nonostante tutto.