«Mi preoccupa il senso di onnipotenza dei giovani», dichiarava in un’intervista Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Stupisce questa improvvisa concentrazione di critiche sui giovani. Preoccupa, semmai, l’idiozia e l’irresponsabilità che stanno mostrando gli adulti.
La seconda ondata di Covid è già qui, i numeri parlano chiaro e rinviano ai mittenti le secchiate d’acqua di chi deve, per convenienza, spegnere l’incendio. I contagi sono gli stessi dei tempi più neri. In Puglia solo ieri ci sono stati 114 nuovi casi. È vero, i morti diminuiscono, ma è una magra consolazione che getta ancora più ombre sulla malattia, dal momento che gli esperti, quelli veri, non sanno dare una spiegazione scientifica e non sanno cosa accadrà tra poche settimane.
Di chiaro ci sono solo tre elementi: il coronavirus ha rialzato la testa, il vaccino per i prossimi mesi non sarà pronto, un altro lockdown generalizzato è impensabile in un’Italia non più in grado di rialzare la testa. Nel frattempo sono accadute tantissime cose: si è votato, quando in realtà era più sicuro non farlo; le scuole hanno riaperto i battenti, ma poiché come erano sono, una alla volta stanno richiudendo sotto i colpi dei tamponi (quasi 900 istituti con almeno un caso); si discute sugli stadi quando, sebbene gli interessi economici siano imponenti, è un dibattito sul nulla cosmico. Nel paese del sole e del mare litigano pure nel governo, con la sottosegretaria Zampa che chiede la sospensione del campionato e il ministro Spadafora che la riprende con un «parole avventate».
Anche questa volta ci pensa il virus a fare chiarezza, Genoa-Torino è rinviata dopo i 16 liguri contagiati. La Procura di Milano apre un’indagine conoscitiva, senza reato né indagati, in seguito all’esposto presentato dal Codacons sul caso del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, e alla sua presenza lo scorso 9 settembre all’assemblea di Lega Calcio nonostante avesse malesseri riconducibili al Covid e, a dire dell’associazione consumatori, fosse «senza mascherina». Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva avverte: «Attenti, la situazione può peggiorare, i protocolli vanno cambiati».
Ecco, queste norme misteriose: i protocolli e soprattutto chi deve vigilare su di essi. Perché a guardarsi attorno le regole sembrerebbero saltate tutte: riaprono le scuole di ballo, riaprono i teatri, le fiere, si organizzano mostre e stage dando fondo a una fantasia quasi paranoica, torna la musica in piazza come fino a qualche settimana fa c’era quella in spiaggia. E i risultati negativi, arrivano con i bollettini quotidiani.
C’è una babele di regole, davanti alle scuole, nei week end, nel tempo libero e soprattutto non c’è più nessuno che, salvo casi sporadici, controlla e punisce. A Foggia, tanto per restare in Puglia, l’obbligo della protezione vale solo davanti agli istituti scolastici e lo stesso accade a Manfredonia, come bastasse spostarsi un po’ per diventare immuni al morbo, in un Paese che pare rinunciare ai miliardi del Mes, ma che ha lo stesso sistema sanitario che aveva pochi mesi fa. Un Paese in cui politici e medici consigliano la vaccinazione antinfluenzale, perché escluderebbe la sovrapposizione di sintomi tra malattie simili, ma con le farmacie che hanno difficoltà ad assicurarsi le dosi necessarie.
Un Paese dove tutto è estremamente ipocrita. Comprese le critiche ai giovani in mancanza di regole chiare e coerenti e nella prevalente assenza di volontà di farle rispettare. Che senso ha vietare gli assembramenti, se poi li si tollera? C’è il terrore di fermare l’economia, e quindi c’è il permesso di contagiarsi a vicenda? Il pubblico italiano è troppo furbo per non capire che è meglio attenersi alla regola meno severa; che se nessuno muove un dito quando viene infranta, la regola è finta.
La sensazione è che nei posti di potere si porti avanti un tipo di ragionamento che ricorda «la botte piena e la moglie ubriaca»: far ripartire la macchina economica e contenere il disastro sanitario, mettendo pezze nei casi più eclatanti. Sarà per questo che davanti a una realtà che era già chiara, si trova il tempo per discutere di campionato di calcio.