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La preferenza di genere. Storia di un flop annunciato

 
Carmela Formicola

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Carmela Formicola

Puglia, via libera da Consiglio Ministri a decreto su doppia preferenza di genere

La nuova assemblea registra 7 forse 8 consigliere su 50, erano 5 su 50 nella precedente composizione

Mercoledì 23 Settembre 2020, 12:09

Non c’è niente da fare. Inutili le quote rosa, le riserve indiane, la legiferazione da panda in estinzione. Le donne non le vota nessuno. Nemmeno  se approvi una legge ad hoc.

Ah, la legge. Ricordate? Tutta la manfrina in consiglio regionale per riuscire a non approvarla. Poi la sdogana il premier Conte e a quel punto tutti  a rivendicarne la paternità.

Il decreto sulla doppia preferenza di genere per il sistema elettorale del consiglio della Regione Puglia, approvato dal Consiglio dei ministri, quello che avrebbe dovuto sancire la femminilizzazione dell'aula consiliare, sembra la classica montagna che partorisce il piccolo sorcio. La nuova assemblea registra 7 forse 8 consigliere su 50, erano 5 su 50 nella precedente composizione. Dunque? Un flop?

Qualcuna continua a credere nella politica dei piccoli passi, il bicchiere mezzo pieno, un poco alla volta e ci riusciamo. Tra cent’anni? Meglio di niente. Piuttosto, anche questa consultazione ci ispira la riflessione di sempre: questo non è un Paese per donne. (E taciamo del numero inquietante di femminicidi dall’inizio dell’anno, morti in sordina sovrastate dal rumore dell’emergenza sanitaria).Probabilmente non basta una legge a cambiare la musica. Forse bisognerebbe cambiare il criterio di selezione delle candidate, talvolta sbattute in lista solo in quanto donne non già in base alle storie personali, umane, professionali e politiche o al percorso lento e indispensabile all’interno di una «scuola politica». Ci muoviamo oltre tutto su un terreno minato da retorica,  stereotipi e ipocrisia, una cortina di fumo che nasconde l’unica verità: la politica è un recinto maschile. Spogliatoio e caserma. Uomini i segretari di partito che, scegliendo i nomi da mettere in lista, perpetuano l’agio di un’abitudine di comando. Ma i partiti sono dunque tutti all’improvviso popolati da novelli Cavalieri della Mater dolorosa, antichi e ostinati misogini?

No, ma il potere piace e spartirlo, soprattutto con una donna, piace molto meno. 
Qualche ultima considerazione sul potere. Chi studia tutto ciò in chiave antropologica ritiene che esista un modello femminile di potere (inclusivo, umano, sociale, empatico) e uno maschile (dominante, divisivo, autoritario). Gli uomini di potere, tra l’altro, sarebbero assolutamente saldati al proprio ruolo da accettare ogni tipo di compromesso, come ad esempio diventare conservatori o progressisti, moderati o estremisti a seconda della convenienza. Modello che evidentemente sta cominciando a piacere anche a qualche donna entrata in quel «recinto», magari eletta nel centrodestra e poi con svariati salti mortali diventata una convinta «compagna». Oppure il contrario. Ma in fondo anche questi sono cliché, come l’idea che i maschi rivedano in ogni femmina la smorfia remissiva di Nora (Casa di bambola, Ibsen).


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